Fico bianco del Cilento

Fico bianco del Cilento

Il “Fico bianco del Cilento” è uno dei prodotti simbolo di questo territorio. L’introduzione del fico pare infatti essere precedente al VI secolo a. C. ed è dovuta ai coloni greci che in quest’area avevano fondato diverse città.

fico bianco del cilento

Una tradizione millenaria quindi, sopravvissuta grazie alla tenacia e alla capacità dei produttori cilentani e che si è evoluta nel corso dei secoli: il frutto infatti da “pane dei poveri”, come un tempo veniva definito, è diventato un alimento pregiato da consumare in occasioni speciali come il Natale.

Il fico bianco deriva da uno specifico ecotipo della cultivar Dottato ed è un prodotto con caratteristiche uniche che gli hanno fatto ottenere l’attribuzione della certificazione DOP. Deve il nome al colore giallo chiaro uniforme della buccia dei frutti essiccati, che diventa marroncino per i frutti che abbiano subito un processo di cottura in forno. La polpa è di consistenza tipicamente pastosa, dal gusto molto dolce, di colore giallo ambrato, con acheni prevalentemente vuoti e ricettacolo interno quasi interamente pieno.

Una preparazione tradizionale ancora in uso è quella che vede i fichi “steccati”, infilati cioè in due stecche di legno parallele per formare le “spatole” o “mustaccioli”. In commercio ne esistono ormai tante golose varianti, farcite con mandorle, noci, nocciole, semi di finocchietto, bucce di agrumi, ricoperte di cioccolato, o immerse nel rum. Sempre più ricercati sono anche i fichi essiccati e poi dorati al forno, soprattutto quelli farciti.
Pregiati, ma sempre più rari per gli alti costi di preparazione, sono i fichi mondi, senza buccia, dal colore chiarissimo tendente al bianco.

La zona di produzione del “Fico Bianco del Cilento” DOP comprende ben 68 comuni, posti a sud di Salerno, dalle colline litoranee di Agropoli fino al Bussento e in gran parte inclusi nell’area del Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano. Un’area che, grazie all’azione mitigatrice del mare e la barriera posta dalla catena degli Appennini alle fredde correnti invernali provenienti da nord-est, è ideale per la coltivazione e conferisce al prodotto le straordinarie caratteristiche che lo rendono famoso.

Pubblicati i bandi del “Gal Terra Protetta” destinati al turismo rurale

Pubblicati i bandi del “Gal Terra Protetta” destinati al turismo rurale

gal terra protetta

Sono stati pubblicati sul sito www.galterraprotetta.it i bandi previsti nell’ambito della strategia di sviluppo locale del Gruppo di Azione Locale Terra Protetta.

Dall’11 marzo al 10 maggio prossimi, sarà quindi possibile presentare il proprio progetto, caricando le domande direttamente sul portale Sian, attraverso professionisti abilitati o Caa.
Costituito nel 2016, il Gal Terra Protetta è uno strumento di programmazione che coinvolge 22 Comuni tra le province di Napoli e di Salerno, il Parco Regionale dei Monti Lattari, la Comunità Montana dei Monti Lattari, la Città Metropolitana di Napoli ed oltre 80 partner privati.
Le cinque misure attivate dal Gal Terra Protetta, per un totale di 10 milioni di euro, riguardano: il trasferimento di conoscenze e azioni di informazione; il regime di qualità dei prodotti agricoli ed alimentari; lo sviluppo delle aziende agricole e delle imprese; i servizi di base e il rinnovamento dei villaggi nelle zone rurali e la cooperazione.

I primi bandi pubblicati sono riferiti in particolare a due misure, la 6 e la 7, presenti nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale della Regione Campania, e sono destinati ad imprese ed enti locali, per un totale di 3 milioni di euro.
Nel dettaglio i fondi messi a disposizione si propongono di aiutare l’avviamento d’impresa per attività extra agricole nelle zone rurali; la creazione e lo sviluppo della diversificazione delle imprese agricole; il sostegno a investimenti di fruizione pubblica in infrastrutture ricreative e turistiche su piccola scala e la riqualificazione del patrimonio architettonico dei borghi rurali, nonché la sensibilizzazione ambientale e la ristrutturazione di piccoli elementi rurali, strade e piazze storiche.

A partire dalle 9:00 dell’11 marzo 2019 ed entro il termine ultimo fissato alle 16:00 del 10 maggio 2019 saranno in vigore i termini di pubblicazione per la presentazione delle domande di sostegno da parte degli interessati. L’area a cui sono rivolte le misure è quella compresa tra la costiera sorrentino-amalfitana e le isole di Capri e di Ischia.

Il fagiolo di Volturara Irpina

Il fagiolo di Volturara Irpina

Fagioli volturara

Il fagiolo di Volturara irpina è prodotto nei fertili terreni dell’altopiano dell’avellinese e si distingue per il suo essere particolarmente tenero e farinoso. Presenta una buccia molto sottile e un caratteristico colore bianco cenere.
Di dimensioni piccole e irregolari, viene seminato nel mese di maggio per poi essere raccolto tra fine agosto e l’inizio di settembre. Una volta raccolti, i baccelli, che raggiungono le dimensioni di circa 15 cm e contengono approssimativamente dieci fagioli, vengono battuti con un bastone o con il “muillo”, uno strumento composto da un bastone lungo e robusto cui è collegato, tramite legacci resistenti, un bastone più corto.
Dopo la battitura si procede con un’accurata cernita eseguita con il tradizionale “chiurnicchio”, un setaccio rotondo che lascia cadere i residui pesanti. Il passaggio successivo consiste nel lanciare in aria i fagioli dal setaccio. In questo modo, attraverso l’azione del vento, si riesce ad eliminare anche i residui più leggeri. Infine, i fagioli vengono lasciati ad asciugarsi al sole per altri tre giorni.
Il fagiolo di Volturara, riconosciuto come presidio Slow food, può vantare inoltre una coltivazione totalmente manuale, senza l’utilizzo di fertilizzanti o diserbanti chimici.

Ma quali sono le ricette che mettono in risalto la morbidezza e il sapore intenso di questo legume irpino?

Fagioli volturara

Solitamente il fagiolo di Volturara è il protagonista di piatti tipici locali come la pasta e fagioli, la zuppa di fagioli con le freselle e la zuppa di fagioli e patate. Un altro piatto della tradizione abbina il fagiolo a un altro simbolo dell’Irpinia, le castagne: i fagioli vengono fatti cuocere insieme alle cotiche di maiale e le castagne secche in acqua, sale e alloro. I fagioli, vengono poi fatti soffriggere in aglio, olio e sugna, prima che vengano aggiunte le castagne. Il tutto vene servito caldo sul pane raffermo.

Nei prodotti Ferrero solo nocciole irpine

Nei prodotti Ferrero solo nocciole irpine

nocciole

 

La Ferrero Spa di Sant’Angelo dei Lombardi (Av) attiva in Irpinia il Progetto Nocciola Italia che propone la concreta opportunità di riconversione e valorizzazione di ampie superfici del territorio, diventando così strumento di sviluppo economico, sociale e sostenibile.di filiera già avviato in altre regioni come l’Umbria e il Piemonte, dove l’azienda leader mondiale nel comparto dolciario ha promosso importanti iniziative di riconversione di terreni e acquisto a km zero del prodotto, per amplificare il valore del prodotto e del made in Italy.

L’obiettivo incrocia gli indirizzi della politica agricola fissati dal Ministero per le politiche agricole sull’incremento delle coltivazioni, e quelli della Regione Campania, che ha messo in campo una dotazione finanziaria straordinaria a sostegno dell’agricoltura e dell’ingresso dei giovani nel comparto. In Irpinia sono infatti centinaia i proprietari di fondi e terreni disposti a prendere contatti con l’azienda di Contrada Porrara di Sant’Angelo dei Lombardi per partecipare al progetto.

Progetto Nocciola Italia, è promosso dalla Ferrero Halzelnut Company, la divisione interna del Gruppo Ferrero interamente dedicata alla nocciola, e mira a sviluppare una produzione corilicola 100% italiana, attraverso la creazione di un sistema di sviluppo territoriale, condiviso con gli attori della filiera, a sostegno degli imprenditori agricoli italiani.
L’Irpinia intanto, parte da una condizione di grande vantaggio, grazie al primato che conserva in Campania per la produzione di nocciole e frutta secca in generale.

La nocciolicultura è una pratica dominante soprattutto nei territori del Vallo di Lauro e nel Baianese, nella Valle del Sabato, nel Partenio e nella Valle Caudina.

Le varietà Mortarella, Camponica e San Giovanni, sono riconosciute dal Ministero delle politiche agricole come “prodotto agroalimentare tradizionale italiano”.

Attraverso il progetto, l’azienda garantisce ai produttori in ottica di lungo periodo, un impegno all’acquisto, mette a disposizione gratuitamente strumenti tecnologici per la gestione integrata e moderna delle piantaggioni, per favorire il monitoraggio dello stato di salute dei noccioleti, con l’obiettivo di generare un flusso di gestione delle piantagioni sostenibile e consapevole; si impegna nel creare una nuova filiera corilicola italiana seguendo i principi della tracciabilità e sostenibilità delle produzioni; mette a disposizione le proprie competenze nella scelta delle varietà più adatte e fornire consulenza, avvalendosi anche di importanti istituti di ricerca, in analisi “pedo-climatiche” per facilitare l’individuazione di aree idonee alla coltivazione del nocciolo.

La Ferrero Hazelnut Company si rivolge a tutte le associazioni di categoria del comparto agricolo per il lancio del “Progetto Nocciola Italiana”,
sull’intero territorio nazionale.
Sarà lanciato un programma di incontri ed eventi sul territorio, con i principali stakeholder dell’intero settore agricolo Italiano (Istituzioni, Associazioni di categoria, aggregazioni di produttori) per far conoscere e promuovere i princìpi ispiratori e il valore sociale ed economico, racchiusi nel Progetto Nocciola Italia.

Il cece di Cicerale vive ancora. La storia di Giovanna Voria

Il cece di Cicerale vive ancora. La storia di Giovanna Voria

Cecicorbella

Giovanna Voria nasce figlia di contadini. E chi appartiene alla terra prima o poi ne sente il richiamo…
Infatti, sposata giovanissima, avvia con il marito un’attività di marmi, ma dopo 25 anni in cui ormai gestiva sia l’ufficio che il laboratorio, quella vita inizia a starle stretta: si sente come l’ingranaggio di una macchina e prendersi cura dell’uliveto, del vigneto e degli animali di famiglia nel fine-settimana, non le basta più. La terra chiama, lei risponde.
Molla tutto e nel 2001 avvia quello che diventerà l’Agriturismo Corbella, in una zona “fuori dal mondo”: all’epoca non c’è acqua, né luce, niente telefono e nessuna strada per raggiungerlo se non un pezzo di sterrata. Per dare inizio alle attività Giovanna si arrangia con un gruppo di continuità, l’energia elettrica arriva un anno dopo.

Non è facile, per lei. In un posto così precario in termini di servizi, è facile sentirsi abbandonata. Ma le tornano in mente le donne di famiglia, con i loro preziosi insegnamenti contadini e la grande forza di volontà. Nonna Giovanna, nonna Antonia e mamma Angelina le sono di ispirazione e a Giovanna viene l’idea: recuperare il cece di Cicerale, un legume talmente tipico che dà il nome al paese, sul cui stemma comunale compare una pianta di ceci con la scritta “Terra Quae Ciceralit” (terra che nutre i ceci). Un prodotto che, con la forte emigrazione post-bellica, era sparito completamente.

Dopo neanche un mese di attività è la BBC, la famosa emittente televisiva britannica, che va ad intervistare Giovanna facendole capire che tra le mani ha un tesoro, e le consiglia si scrivere un libro (“Cucinare con i ceci”). Inizia così un periodo ricco di sfide che altro non fanno che rafforzare l’orgoglio di appartenere alla terra cilentana. Nel suo agriturismo inizia a proporre piatti a base di legumi, cereali, ortive, erbe spontanee, aromi mediterranei, fico bianco del Cilento: tutti prodotti della sua zona.
Chi la deride per questo suo “ritorno al passato” deve ricredersi presto: grazie agli studi di Ancel Keys e Jeremiah Stamler, che ne provano i benefici sul sistema cardiovascolare, la Dieta Mediterranea diventa nel 2010 Patrimonio Immateriale dell’Unesco e lei che – seguendo le orme delle tradizioni della sua famiglia – se n’è fatta promotrice, capisce di aver intrapreso la strada giusta.

Nel 2012, dopo tante lotte, il cece di Cicerale diventa Presidio Slow Food e per Giovanna iniziano le soddisfazioni, soprattutto al di fuori dei confini regionali e nazionali, fino a volare anche oltreoceano. Nel 2017 il Museo della Dieta Mediterranea la nomina “Ambasciatrice della Dieta Mediterranea nel Mondo”, nello stesso anno arrivano il Premio Cicas e il premio Fidapa e ambasciatrice del Cilento, mentre l’anno dopo la Voria è Ambasciatrice del Carciofo Bianco di Auletta. Oggi Giovanna si occupa con passione del suo agriturismo ma organizza eventi e laboratori per grandi e piccoli in cui racconta la Dieta Mediterranea e cucina deliziosi manicaretti a base di prodotti locali.

«Io mi reputo una chef contadina – dice senza trattenere l’emozione di chi sa quanta fatica è costata arrivare fino a qui – Ho bisogno della terra, della stagionalità a km zero e delle eccellenze dei luoghi. Cucino ciò che trovo nel mio orto, per questo non ho un menu fisso alla carta nel mio agriturismo. Dopo il cece di Cicerale, ho recuperato il cece nero di Corbella, il cece rosso e l’antico fagiolino di maggese. Abbiamo però bisogno di giovani che si innamorino dei prodotti del loro territorio e possano portare avanti ciò che stiamo facendo. Io, personalmente, per la mia terra ho rifiutato offerte all’estero molto interessanti, perché credo che se tutti scappiamo via cosa rimarrà della nostra storia, dei nostri avi e delle lotte che hanno fatto? Io lo dico sempre: sò nata a lo Ciliento e me ne vanto».

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Successo per la floricultura campana ad Euroflora 2018

Successo per la floricultura campana ad Euroflora 2018

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Pioggia di premi per la Campania all’undicesima edizione di EuroFlora, l’esposizione internazionale che si è tenuta in Liguria, presso i parchi di Nervi.
La collettiva regionale – coordinata dall’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania e composta da 12 strutture tra cooperative, associazioni di produttori, consorzi ed operatori commerciali, che rappresentano più di 800 aziende florovivaistiche regionali – è salita sul podio ben 28 volte, conquistando 19 primi premi e 9 secondi premi nell’ambito degli oltre 75 concorsi divisi nelle sezioni estetiche, tecniche ed artistiche.

La partecipazione della Campania – fortemente voluta dall’assessorato all’Agricoltura – si caratterizza per l’encomiabile impegno ed entusiasmo di tutti gli operatori selezionati, che hanno creato all’interno della Villa Grimaldi, con oltre 10.000 steli tra fiori, fronde e foglie, un percorso caratterizzato da una straordinaria “esplosione” di profumi e colori.

La collettiva regionale presente ad Euroflora – di cui fanno parte la Società Cooperativa “La Partenopea”, la Cooperativa “La Nuova Floricoltura Meridionale”, la “Del Golfo” Cooperativa, la Cooperativa “Sant’Antonio”, la Cooperativa “Florapompei”, il Consorzio Produttori Florovivaisti Campani, “Farao”, “Terradifiori” – Associazione Produttori Florovivaistici Campani, la “Flor Trade International”, la “Campaniaflor”, la Societá Cooperativa Agricola “Green Leaf” e la “SM International” – ha conquistato, avvalendosi per la realizzazione delle composizioni floreali della collaborazione dell’Ente Decorazione Floreale per Amatori di Genova:

1° premio d’onore per la partecipazione di una collettiva con prevalenza fiori recisi
1° premio per la più ricca, più variata e più artistica presentazione di fiori recisi di alta qualità
2° premio per la più bella e originale composizione floreale realizzata con prevalenza di piante e fiori freschi
1° premio per la composizione floreale che meglio interpreta un quadro esposto nel museo e presso il quale viene realizzata
1° premio per la composizione floreale che meglio interpreta un elemento di arredo esposto nel museo e presso il quale viene realizzata
1° premio per la più bella ed originale composizione floreale per l’arredo di un manufatto presente nei parchi di Nervi
1° premio per la più bella ed originale composizione floreale per l’arredo di una scala o di uno scalone presente nei parchi di Nervi o all’interno dei Musei
2° premio per la più bella e originale composizione di fronde verdi
Complessivamente 13 primi premi e 7 secondi premi per i concorsi della sezione “Fiori, Fronde e Foglie Recisi” .

Dunque, un nuovo importante riconoscimento per il florovivaismo della Campania, comparto tra più rappresentativi dell’agricoltura regionale e che vanta il primato nazionale nella produzione di fiori recisi.

 

Geologi, agronomi e chimici insieme per un patrimonio inestimabile: l’acqua

Geologi, agronomi e chimici insieme per un patrimonio inestimabile: l’acqua

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Geologi, chimici e agronomi insieme per una causa comune: l’acqua, un patrimonio inestimabile da salvaguardare. Dallo spreco all’inquinamento, dai fiumi alle falde sotterranee, gli esperti del settore si sono riuniti in uno short course giovedì 12 aprile al RenaissanceNaples Hotel Mediterraneo. Un convegno che va ad inserirsi in una rete di informazione necessaria, vista la critica situazione della rete idrica a Napoli. Infatti, proprio in questi giorni i residenti di varie zone della città hanno vissuti diversi disagi causati da crolli e frane. Ieri notte, in via Pigna, una parte del manto stradale è sprofondata a causa della rottura di una conduttura idrica. “Più che di ‘frana’ io parlerei di ‘sprofondamento’ della sede stradale – ha commentato Egidio Grasso, presidente dell’Ordine dei Geologi della Campania – le cause sono da ricercare nella presenza di cavità sotterranee artificiali e nelle perdite della rete idrica e fognaria. I rimedi preventivi possono essere rappresentati da una continua manutenzione della rete idrica e, soprattutto, fognaria, accompagnata dal censimento di tutte le cavità sotterranee. L’effetto dannoso delle perdite fognarie viene amplificato dalla presenza di cavità sotterranee nei paraggi”.

Nel corso del convegno gli esperti hanno discusso anche di altre questioni. “La complessità della natura geologica e geotettonica della Campania, che favorisce l’instaurarsi di ambienti idrogeologici capaci di ospitare tra le più importanti e pregiate risorse idriche d’Europa – ha spiegato il geologo Massimiliano Imperato, Direttore del Centro Europeo di Ricerca Acque Minerali – la quantità delle acque, la loro qualità e la diversificazione delle facies idrogeochimiche fanno senz’altro ascrivere il territorio regionale tra i siti di maggior interesse per risorse idriche di elevato pregio ambientale. In particolare, le acque termo-minerali sono ‘custodite’ in giacimenti sotterranei naturalmente protetti e sono apprezzate sia per la purezza all’origine, che per le proprietà terapeutiche ormai acclarate da studi e ricerche a carattere nazionale ed internazionale”. “Gli addetti ai lavori – ha aggiunto Imperato – devono essere i primi attori, i protagonisti e promotori della tutela di questo grande patrimonio per la conservazione alle generazioni future”.

Anche le imprese che esercitano in questo settore devono fare la propria parte. In questo senso, è stato importante l’intervento di Giuseppe Cerbone, Direttore Generale di Ferrarelle S.p.A., che ha illustrato il percorso fatto negli ultimi dieci anni per affermare la propria identità di azienda eco-sostenibile. Dal momento che l’acqua minerale è una delle bevande più utilizzate dagli italiani, una forte preoccupazione riguarda lo smaltimento della plastica. Cerbone ha, quindi, deciso che attraverso la sua azienda, riciclerà direttamente le bottiglie, sia proprie che di altri produttori, in modo da diventare un “creditore ecologico”, in grado di compensare non solo il proprio impatto ambientale, ma di andare ben oltre. “Il problema in questi ultimi mesi è diventato ancora più di attualità – ha dichiarato ancora Cerbone – perfino l’Unione Europea si è espressa per scoraggiare queste pratiche che sono di forte impatto per l’ambiente. Secondo noi, la risposta migliore non è quella di eliminare la plastica ma generare un circuito virtuoso in cui sia possibile limitare l’impatto sull’ambiente. In questo senso, è necessario il riciclo. Noi lo abbiamo fatto direttamente per lanciare un segnale forte e colmare delle lacune”.

Ma questo non basta, è necessario anche definire come si orienta la legge in materia di inquinamento delle falde acquifere. L’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della Provincia di Napoli, ha riflettuto su problematiche tecniche che stanno determinando i numerosissimi sequestri da parte della Procura di Napoli. “Il comparto agricolo negli ultimi tempi – ha spiegato il presidente Pasquale Crispino – sta incontrando un grande freno, non legato alle ordinarie dinamiche economiche di mercato, ma ad un allarmismo mediatico oltre ogni immaginazione che nei fatti sta massacrando un territorio oltre ogni più tollerabile verità. Un comparto, che negli ultimi anni, mentre la crisi attanagliava i vari settori economici, si è riappropriato di spazi e importanza, creando anche nuova occupazione giovanile”. Per Crispino “è basilare fare chiarezza su una serie di vuoti legislativi riguardanti le acque irrigue e la qualità dei terreni per uso agricolo, che al momento non sono normati”.

“Calare norme di natura ambientale – spiega il Presidente – qual è il D.Lgs. 152/2006 al comparto agricolo (sistema produttivo e non naturale), senza un’attenta analisi dei parametri e limiti dettati dalla norma, crea confusione e allarmismo mediatico infondato con gravi ripercussioni d’immagine all’intera Regione Campania”. In una recente pubblicazione, l’Istat ha ribadito l’importanza strategica delle risorse idriche sotterranee su scala nazionale. “Il lavoro segnala che l’84% del prelievo nazionale di acqua per uso potabile deriva da acque sotterranee – ha dichiarato Marco Masetti, Coordinatore sezione di Idrogeologia della Società Geologica Italiana e membro dell’Associazione internazionale di idrogeologia Italia – di cui il 48,0% attraverso prelievi da pozzo ed il 36,3% dalla captazione di sorgenti. Peraltro, va considerato che, pur essendo maggiormente protette rispetto alle acque superficiali, grazie all’azione di “filtro” che suolo e sottosuolo esercitano sugli inquinanti provenienti dalla superficie, anche le acque sotterranee sono spesso raggiunte dalle diverse fonti di inquinamento connesse alle attività antropiche. Lo stesso rapporto ISTAT segnala infatti come circa un terzo dell’acqua prelevata, per un totale annuo di 3,1 miliardi di metri cubi, necessita di un trattamento di potabilizzazione prima di essere distribuita all’interno delle reti acquedottistiche. Molto spesso si nota che le direttive di legge, sviluppate per affrontare i problemi della protezione delle captazioni attraverso soluzioni semplici che dovevano essere temporanee, hanno visto diventare queste soluzioni come “definitive”.

Il 22 marzo scorso è stata celebrata la giornata mondiale dell’acqua 2018. “La giornata mondiale ed il tema affrontato hanno consentito di non dimenticarci che l’acqua è un bene indispensabile per la vita umana e che bisogna diffondere maggiormente la cultura del risparmio idrico – ha affermato Biagio Naviglio, presidente dell’Ordine dei Chimici della Campania – la chimica gioca un ruolo fondamentale per la protezione dell’acqua non solo per i trattamenti depurativi ma anche per il monitoraggio dei contaminanti classici e quelli emergenti. Noi Chimici riteniamo molto utile la collaborazione con professionisti di altre discipline scientifiche e tecniche come quella evidenziata nel programma del convegno organizzato dai tre Ordini professionali (Agronomi, Chimici e Geologi)”.

“Grani Antichi”: al via in Irpinia il progetto per salvare la Risciola, giovani agricoltori in campo

“Grani Antichi”: al via in Irpinia il progetto per salvare la Risciola, giovani agricoltori in campo

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Si chiama ‘Grani Antichi’ e ha l’obiettivo di creare una comunità di agricoltori per ri-coltivare in modo tradizionale grani antichi autoctoni, partendo dalla Risciola, in terreni biologici dell’Irpinia, attraverso una filiera integrata e sostenibile, nel rispetto della biodiversità. L’iniziativa è partita dalla famiglia di imprenditori agricoli Lo Conte, originaria di Avellino, cinque generazioni dedicate alla cura della terra, la cui mission è da sempre quella di preservare la ricchezza e la tradizione del territorio facendo, come in questo caso, rivivere grani antichi e dimenticati, ma sani e saporiti.

L’idea è semplice: piantare nuovamente grani autoctoni in terreni irpini, biologici o con metodo integrato, controllati e naturalmente fertili, grazie all’esperienza e all’attività di giovani e appassionati agricoltori, lasciando che la natura faccia poi il suo corso.

LA COMUNITÀ RISCIOLA: COME FUNZIONA – Il Gruppo Lo Conte distribuisce, gratuitamente, i semi necessari ai coltivatori iscritti alla Comunità irpina del grano Risciola, acquistandone tutta la produzione e garantendo sia una maggiorazione del 60% del prezzo di mercato che un’assistenza totale agli agricoltori che decidono di prendere parte al progetto. E’ necessario seguire un disciplinare condiviso, al fine di produrre il grano antico nel rispetto dell’agricoltura biologica e delle migliori tecniche di coltivazione per ottenere un reddito più alto delle normali coltivazioni.

Non potendo garantire quantità industriali, il grano antico non viene utilizzato dai grandi molini, per questo la macinazione viene effettuata nel molino a pietra che non ha la possibilità di raffinare la farina. Alimentato da energia, come vuole la tradizione: il chicco di grano macinato a pietra, infatti, conserva integre le sue parti, preservando tutti i valori nutrizionali. Il grano raccolto non verrà tutto macinato: ne verrà conservata una parte da donare ad altri agricoltori.

Far parte della comunità Risciola significa incentivare un tipo di produzione a km 0, dal campo direttamente al molino, garantendo la sostenibilità ambientale del progetto. «Ogni anno contiamo di poter crescere in base alla bontà dei raccolti, per le disponibilità di semi, e alla notorietà del progetto – spiega Antonio Lo Conte a capo del gruppo –  Siamo partiti da un terreno della nostra famiglia, una collina asciutta e ventilata e non troppo fredda. Le sue zolle, ricche di potassio vulcanico, lo rendono un terreno franco, che grazie alla tradizionale rotazione delle colture, preserva i sali minerali e li trasferisce alla pianta, rendendola completa a livello nutrizionale. L’esposizione al sole e l’impossibilità del ristagno di acqua favoriscono così la crescita sana del grano, che non necessita di interventi umani per il diserbo chimico – continua Lo Conte – Abbiamo sottoposto i nostri terreni a scrupolose analisi per essere certi che siano sani, ricchi e fertili come sono sempre stati. I grani antichi sono sicuramente 100% italiani e sono tracciati punto per punto in una filiera di contadini disposti a seminate questo grano pur sapendo che produrrà la metà del raccolto garantito da un grano moderno. Da questa filiera ne derivano prodotti che esprimono al meglio il valore aggiunto di questi grani, sia per la qualità della materia prima che per l’estrema cura di tutto il processo produttivo».

LA RISCIOLA, LA RISCOPERTA DEL GRANO AUTOCTONO IRPINO – La Risciola è un grano tenero che sin dal 1500 offre le produzioni migliori in alta collina, dove la ventilazione è sempre presente e in modo particolare in Basilicata, Molise e Campania, dove dal 1890 è uno dei prodotti agroalimentari tradizionali. E’ un grano prezioso, ricco di antiossidanti, minerali e vitamine che assicurano un gusto deciso e autentico, e caratterizzato da un ridotto contenuto di glutine e meno del 2% di lipidi. I semi di Risciola non sono stati incrociati né modificati negli anni, mantenendo così intatte tutte le proprietà nutrizionali. La farina di Risciola è, per esempio, eccellente per produrre pane artigianale tradizionale, ottenuto con metodi di panificazione naturale.

«Tutelare il territorio, tutelarne la salubrità, tutelare i nostri giovani restituendo loro il valore e la passione per un mestiere antico e nobile e la soddisfazione di veder germogliare semi scomparsi da tempo: c’è tutto questo dentro i piccoli semi che abbiamo piantato – commenta ancora Lo Conte – Noi sappiamo bene che l’agricoltura è un ciclo che deve tornare a essere sostenibile e integrato, per questo abbiamo scelto di sposare la filosofia del biologico, non solo a livello ambientale: vogliamo che la coltivazione di grani antichi sia un modo per promuovere i valori di rispetto, tradizione e solidarietà, soprattutto riscoprendo sapori antichi. Per questo siamo partiti dagli agricoltori che seminano il grano attentamente controllato in laboratorio, chicco dopo chicco, per preservare la sua biodiversità. Abbiamo coinvolto agricoltori giovani e meno giovani, per promuovere un dialogo tra metodi antichi e innovazione e per offrire un’opportunità in più di lavoro».

Orto in Campania

Orto in Campania

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Sette anni fa il Centro Commerciale Campania ha deciso di riscrivere le modalità di della raccolta differenziata dei suoi 180 negozi e di costruire un orto didattico quale simbolo del ciclo virtuoso dei rifiuti.

In pochi mesi la quota di differenziazione ha raggiunto il 99% e le piante dell’orto hanno beneficiato del ricco compost ottenuto dalla frazione organica dei 25 ristoranti e bar della struttura. Dal 2010 a oggi il Centro Campania si è impegnato per raggiungere un obiettivo: rifiuti zero.
L’Orto didattico, realizzato grazie alla collaborazione con l’associazione Slow Food e una commissione mista di professori, dottorandi e studenti delle facoltà di agronomia, pedagogia e architettura dell’Università Federico II, entra dunque nel suo quinto anno di attività, offrendo un’intensa attività didattica per le scuole del territorio grazie ai suoi 20 docenti (studenti o neo laureati in materie pedagogico-umanistiche e scientifico-biologiche).
In questi anni, oltre ad accogliere più di 10.000 studenti di 20 istituti scolastici, il progetto ha organizzato corsi di formazione interni dedicati ai docenti de L’Orto in Campania sui temi della didattica induttiva, della divulgazione scientifica, dei temi della sostenibilità e dell’economia della produzione del cibo e delle tecniche museologiche applicate a uno spazio cognitivamente intenso come un orto.
In occasione dei corsi di formazione o nell’ottica di scambio delle conoscenze acquisite, l’orto didattico del Centro Campania ha organizzato incontri con Alice Waters, Yale Soustainable Food Project, Museo della Scienza di Trento, la divulgatrice scientifica Beatrice Mautino, la filosofa della biologia Elena Gagliasso, l’ordinario di agronomia della Federico II Massimo Fagnano e ha partecipato con i suoi laboratori al festival Internazionale a Ferrara, al Salone del Gusto di Torino, all’evento dedicato alla biodiversità campana organizzato da Slow Food: Leguminosa. Muse museo scienza di trento.
I laboratori sono gratuiti e, nel raggio di 30 km dal Centro Campania, il trasporto è a carico del Centro.

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