Prospettiva Alternativa: corpo come movimento, suono e ritmo

Prospettiva Alternativa: corpo come movimento, suono e ritmo

associazione Prospettiva Alternativa


L’Associazione napoletana “Prospettiva Alternativa” nasce dall’idea che il corpo è “movimento, suono e ritmo” in continuo divenire.
Per questo promuove attività “musico-motorie” e valorizza eventi culturali, ludici, ricreativi e didattici. Nei progetti propone un approccio alla propedeutica e didattica dell’arte, con maggior attenzione alla musica e al movimento, che parte dal fare per poi comprendere, cioè partire dalla pratica per poi arrivare alla teoria.

“Il nostro approccio all’insegnamento – spiegano – si basa sul sapere, saper fare, saper far fare. Di conseguenza, la nostra idea di apprendimento si sviluppa su tre assi fondamentali di Piaget: ascoltare, assimilare, accomodare”.
L’associazione ha al suo attivo collaborazioni con Istituti Scolastici sul territorio italiano, realizza e gestisce eventi, seminari, workshop ed è molto attiva negli ambienti socio-culturali.

Tutti i collaboratori e volontari del gruppo sono anche professionisti con Diplomi, Lauree, Abilitazioni all’Insegnamento e certificazioni di metodologie d’insegnamento riconosciute a livello internazionale; sono Strumentisti Professionisti, Specialisti del Movimento, Insegnanti ed Educatori.

Tra le iniziative già promosse da Prospettiva Alternativa c’è il workshop “GiocArteLab” che pone al centro il corpo come interazione di tre attività: consapevolezza corporea, body percussion e linguaggio mimico gestuale. Partendo da esercizi di respirazione, equilibrio e coordinazione i partecipanti prendono consapevolezza del proprio corpo che, con la body percussion, si trasforma uno strumento capace di riprodurre diversi ritmi e suoni; infine, attraverso la comunicazione mimico gestuale durante il workshop si impara a condividere emozioni con semplici e immediate azioni.

Un altro progetto educativo proposto è “OUTDOOR + BRAVI E + SANI”, rivolto ai bambini dai 6 ai 10 anni, che si svolge completamente all’aperto, nel verde del prezioso giardino di Casa Tolentino ai piedi della collina di San Martino, nel cuore di Napoli su Corso Vittorio Emanuele. Grazie ad un approccio ludico e cooperativo i bambini possono apprendere abilità dalle più semplici alle più complesse con attività educative svolte con educatori qualificati. Da correre, saltare, arrampicarsi, all’utilizzo di attrezzi da lavoro, quali martelli, rastrelli, facilitando il senso di responsabilità e superando le frustrazioni. I bambini, non appena sentono la musica, iniziano a muoversi naturalmente. La musica e il movimento sono le forme di espressione attraverso le quali i bambini si confrontano con l’ambiente materiale e sociale acquisendo nuove conoscenze e vivendo esperienze personali fondamentali per il loro percorso di crescita. Questo progetto vuole stimolare la fantasia e la creatività dei giovani/piccoli per trasmettere loro entusiasmo durante l’apprendimento di movimenti e ritmi.

Contatti:
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Emergenza Covid19 e sistema sanitario: tra carenze e negligenze

Emergenza Covid19 e sistema sanitario: tra carenze e negligenze

A cura del dott. Giuseppe Origlia, dell’associazione “Medici La Nuova Mano”, nata per la tutela del medico, dell’infermiere e dell’operatore sanitario nell’esercizio della sua professione.

La situazione emergenziale covid19 ha indotto le strutture sanitarie al collasso, complici i tagli alla sanità, il depotenziamento di molteplici strutture ospedaliere nonché una gestione politico – amministrativa dell’emergenza che è risultata, negligente ed approssimativa in quanto essa non ha tenuto conto, in modo scientifico – sia da un punto di vista della concreta attuazione di idonei protocolli presso i presidi sanitari che della gestione comportamentale della cittadinanza – delle esperienze maturate in paesi già colpiti da questa terribile pandemia.

Medici, infermieri ed operatori sanitari, non dotati di idonei ed adeguati DPI, sono stati esposti al contagio e spediti “in trincea” privi di quelle “armi difensive” che avrebbero consentito loro di evitare la contrazione del Covid19. Tale grave mancanza ha cagionato l’infezione e la conseguente morte di numerosi medici ed infermieri che, espletando la propria attività lavorativa in condizioni precarie, sono rimasti fedeli a quell’ideale della salvaguardia della vita dell’uomo che anima ogni sanitario. A ciò si deve aggiungere che molti tra medici ed operatori che hanno contratto il virus, hanno sviluppato un’infezione di natura asintomatica continuando a veicolare, quindi, incoscientemente, l’infezione tra gli operatori sanitari con i quali sono stati a contatto, compresi gli stessi pazienti che si affidavano alle loro cure.
Gli ospedali, pertanto, si sono trasformati in zone ad alta prevalenza di infettati nei quali nessuna persona contagiata risulta, effettivamente, isolata.
Ancor oggi, medici ed infermieri non dispongono di adeguato DPI ed il rischio di contagio per i pazienti e tra colleghi è altissima, così come la certezza di creare dei centri ad alta densità virale che andranno ad implementare il decorso della malattia, con il conseguente collasso delle strutture ospedaliere e l’inevitabile ed ulteriore perdita di numerose vite umane.

L’individuazione e l’isolamento dei contagiati, siano essi sintomatici che non, si ritiene che non solo possa essere il principale mezzo per proteggere dal contagio gli individui e limitare quindi la diffusione della pandemia, ma possa incidere sull’evoluzione grave della malattia nei soggetti contagiati. Ai fini, quindi, di bloccare la diffusione del virus risulta necessario individuare, identificare ed isolare il più alto numero possibile di soggetti asintomatici che costituiscono probabilmente la maggiore fonte di malattia. L’isolamento rappresenta, allo stato, il principale mezzo atto ad arginare la pandemia in corso.

La burocrazia esistente per praticare tamponi in casi sospetti rende effimero qualsiasi tipo di prevenzione. In taluni casi i medici dedicati ai reparti Covid, vengono impiegati per l’espletamento di turni in convenzione in altre terapie intensive non Covid (si pensi ai reparti di terapie intensive e/o rianimazioni dove sono ricoverati pazienti ad altissimo rischio di mortalità se sovrainfettati dal virus) diventando, quindi, possibili strumenti di diffusione del contagio proprio perché chiamati ad operare in promiscuità nei suddetti differenti contesti. Ed il tutto tacendo in merito ai ritardi che si sono verificati nel fermare l’attività ospedaliera di elezione. Purtroppo, nonostante il vantaggio dato dalle prime regioni contagiate, la programmazione e riorganizzazione (che a nostro parere è tutto) è stata pressochè assente, specie in alcuni contesti del Centro-Sud Italia.
D’altro canto, i costi legati all’esecuzione di screening, sarebbe inferiore certamente rispetto ai costi legati al ricovero di ulteriori pazienti in ospedale e/o in terapia intensiva, sia in termini di impiego di personale che nel reperimento dei relativi macchinari, per non parlare di tutti gli altri vantaggi facilmente deducibili.

Un ulteriore punto da approfondire è l’assenza di precipui protocolli ministeriali ad hoc, che a prescindere dalle indicazioni etiche, guidi il medico nella scelta terapeutica. Tale aspetto non può considerarsi solo di natura medica, bensì, alla luce dei fatti di cronaca va ad incidere su profili di responsabilità sull’operato del medico che già lavora in condizioni emergenziali ed inadeguate. Aberrante era da considerarsi l’emendamento proposto in merito alla responsabilità civile e penale dei datori di lavoro, operatori sanitari e socio sanitari. Con tale emendamento si andava a creare una norma ad hoc in grado, qualora non sarebbero stati rilevati i dovuti profili di incostituzionalità e di responsabilità penale per gli stessi proponenti, la responsabilità di colui o coloro che avrebbero dovuto tutelare, come di fatto non accaduto, la classe degli operatori sanitari. Così come non appare satisfattivo il proposito normativo in merito alla responsabilità civile che viene rimodellata su quella penale esistente, pur in assenza di quei precipui protocolli dalla cui sola applicazione scaturisce la clausola di non punibilità.

Ci si indigna, ci si rammarica e si piangono le numerose vite umane falciate dall’epidemia, ma la lentezza e l’inadeguatezza degli interventi non potrà che implementare quel mostro chiamato Pandemia.

Violenza di genere: impara a difenderti con Street Kali

Violenza di genere: impara a difenderti con Street Kali

Una realtà salernitana impegnata da anni nel contrasto della violenza di genere ed in particolar modo di quella sulle donne che, collaborando attivamente al fianco delle Forze dell’Ordine e di Enti Istituzionali, è diventata in questo campo un punto di riferimento a livello italiano. Stiamo parlando dell’Associazione Street Kali, la cui esperienza nel settore della difesa personale ha fatto sì che il loro lavoro fosse riconosciuto a livello nazionale ed internazionale, tanto da parlare del “modello Salerno”. Da anni ormai il gruppo propone infatti corsi di autodifesa per donne e non solo. La grande attenzione che le persone rivolgono al settore della difesa personale li ha portati ad ampliare il loro lavoro ed a coinvolgere non più solo le donne, principale target di riferimento, ma tutti quanti possano essere interessati ad apprendere questo concetto. Pertanto negli anni sono state realizzate iniziative destinate a donne, uomini, appartenenti alle Forze Militari e di Polizia, esperti del settore, personale aziendale e a chiunque voglia approfondire il segmento dell’autodifesa a scopo lavorativo o personale.

street kali difesa

Dall’esperienza di Matteo Renna e Annalisa Pignataro, entrambi istruttori federali appartenenti alla Federazione Italiana Krav Maga, dal 2014 è partito il progetto “Beauty_Full – La bellezza per sensibilizzare contro la violenza sulle donne”, un articolato lavoro che prevede più azioni volte a contrastare ogni tipo di violenza di genere.
Una mostra d’arte e un corso gratuito di autodifesa per le donne sono le attività principali del progetto, ma ad arricchirlo vi sono anche dibattiti, convegni, incontri con le scuole, e tutto quanto faccia sì che questo dramma odierno possa essere sempre meno una piaga sociale.
“Il corso di autodifesa della Street Kali – ci spiegano dall’associazione – nasce per insegnare soprattutto la prevenzione, l’atteggiamento mentale da tenere nel caso di un’aggressione, le tecniche di base per potersi difendere. Il programma insegnato è basato su situazioni molto reali, sulla capacità di reagire di fronte ad un gesto violento, come può essere un pugno, uno schiaffo o un tentativo di strangolamento”.
L’obiettivo, in due mesi di incontri, è di guidare ogni partecipante verso un accrescimento personale e una maggiore consapevolezza di sé affrontando l’argomento della difesa personale in maniera pratica e teorica. Il programma che verrà illustrato ha lo scopo in primo luogo di prevenire i possibili casi di rischio, di insegnare a reagire alle eventuali aggressioni senza l’utilizzo di forza, di usare la paura come elemento a proprio vantaggio, fino a guidare le partecipanti al corso ad acquisire gestualità e comportamenti che possano permettere loro di evitare situazioni di pericolo e mettersi in salvo. Il programma è stato ideato appositamente per le donne dalla Street Kali a partire dal Krav Maga, un sistema di combattimento ravvicinato considerato da molti il miglior sistema di autodifesa del mondo, dal quale sono state estrapolate delle tecniche estremamente semplici e facili da apprendere e da applicare, tanto da poter essere messe in pratica da donne di tutte le età.

street kali difesa

Con l’ausilio di uno psicologo di un legale e di un criminologo vengono spiegati la gestione delle proprie emozioni, dell’ansia e del panico, i diritti e le normative vigenti in materia di difesa personale.
“L’ultimo corso realizzato nel comune di Nocera Superiore – aggiungono dall’associazione – ha visto affluire circa 78 donne di tutte le età, e i corsi realizzati precedentemente non sono da meno, arrivando a raggiungere per un solo corso addirittura le 200 iscritte, segno di una sempre maggiore esigenza di trovare risposte in iniziative che le portino ad intraprendere un percorso di indipendenza e ritrovata consapevolezza di sé”.

Per info e contatti

cell. 351 8119707 | 346 0401578
[email protected]
Fb: Associazione Street Kali | Progetto Beauty_Full

Airola: attivo il centro multiservizi “Family Community”

Airola: attivo il centro multiservizi “Family Community”

Il Centro Territoriale Multiservizi per le famiglie “Family Community” di Airola, in provincia di Benevento, è un progetto pensato e promosso dall’Associazione di Promozione Sociale Cassiopea, che ha come missione fondante la prevenzione del disagio, la promozione del benessere e la tutela dei diritti umani e sociali.

centroAirola

Partner del progetto è il Comune di Airola che, condividendone le finalità, ha concesso, a titolo gratuito, i locali presso i quali è ubicato il Centro che vuole essere un punto di riferimento, un centro di ascolto e sostegno per le famiglie e l’intera comunità. Innovativo e di notevole importanza è il servizio di consulenza e supporto ai pazienti oncologici e ai familiari caregiver.
Tra i servizi anche lo sportello al cittadino che nasce dalla collaborazione dell’Associazione Cassiopea con Cittadinanzattiva Campania. Lorenzo Latella, segretario regionale di Cittadinanzattiva Campania ha infatti accolto, fin da subito, l’invito a collaborare nella realizzazione del progetto e in particolare ha consentito l’attivazione dello sportello dedicato alla tutela dei diritti. È un servizio di orientamento, informazione e tutela per i cittadini che hanno subito disservizi negli ambiti della sanità, dei servizi pubblici e della giustizia.

L’intero progetto è innovativo per il territorio in cui nasce. L’obiettivo è costruire un sistema di rete strutturato tra soggetti territoriali pubblici e del privato sociale che attraverso azioni sinergiche siano in grado di rispondere ai nuovi bisogni emergenti e multidimensionali delle famiglie e del singolo. Si inserisce, nella progettualità del Centro, un lavoro di ricerca sociale sui bisogni emergenti delle famiglie. Inizialmente la ricerca coinvolgerà i Comuni afferenti all’Ambito B3. La ricerca sarà condotta da Daniela Petrone e Annamaria D’Alessio, sociologhe, esperte di ricerca sociale nonché consulenti del Laboratorio Nazionale di Sociologia dell’Associazione Sociologi Italiani di cui Cassiopea è partner. Il centro si avvale della collaborazione di professionisti esperti e parte dei servizi sono finanziati con il contributo del 5xMille. Le consulenze avvengono nel rispetto della persona e della sua libertà ed è garantita la tutela della privacy.

La sede  è in Piazzale Saint Maixent l’Ecole, 7 (ex sede Protezione Civile) e si accede direttamente nel giorno di apertura al pubblico, il mercoledì dalle 16.30 alle 18.00.

Cats’ Flow Avellino: il parkour come filosofia di vita

Cats’ Flow Avellino: il parkour come filosofia di vita

Uno sport ancora poco conosciuto, a volte incompreso e spesso frainteso: stiamo parlando del parkour, che si propone come molto più che una semplice attività sportiva e deve essere inteso come una vera e propria filosofia di vita.
È difficile tracciarne le origini, ma pare che si tratti di uno sviluppo del metodo di allenamento proposto da Georges Hébert, ufficiale di marina francese, che partiva dal presupposto che è necessario esercitarsi puntando sui movimenti che ogni uomo sa compiere nelle situazioni che la natura gli presenta. Ma è David Belle, figlio di un pompiere addestrato proprio con il metodo hebertiano, che viene indicato come il pioniere del parkour negli anni ’90.

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Poi il web ha fatto il resto: i video di atleti che percorrono le città, interagendo con case, palazzi ed arredi urbani, con salti e spettacolari evoluzioni, hanno fatto il giro del mondo. E sono arrivati fino al capoluogo irpino, dove è nata l’associazione sportiva “Cats’ flow Parkour Avellino”. Il nome è un chiaro riferimento all’agilità e fluidità di movimento dei gatti, veri maestri del parkour.
«Abbiamo cominciato dieci anni fa – spiega il presidente Stefano Iandolo – vedevamo video di persone spericolate che facevano evoluzioni usando il mondo come parco giochi. Abbiamo cominciato per diletto, per poi diventare un’associazione sportiva. Vorrei premettere – continua Iandolo – che il parkour non è “saltare da un palazzo ad un altro”. È una sfida con le proprie paure, non c’è agonismo con altri, ma solo con noi stessi e l’ostacolo che abbiamo di fronte. Il parkour è rispetto della natura e dell’arredo urbano con cui noi possiamo fare evoluzioni per divertimento, ma che poi possiamo sfruttare anche in caso di situazione critica, quando le cose si fanno serie. È aggregazione sociale poiché gli allenamenti si iniziano e finiscono insieme, non lasciando nessuno indietro. È rispetto, delle persone che ci circondano e per l’ambiente, poiché puliamo le zone dove svolgiamo attività all’aperto e usiamo anche materiale riciclabile (come pallet o copertoni ruote) per poter simulare muretti, sbarre o cancelletti su cui poterci allenare».

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Gli allenamenti vengono svolti la sera in palestra, due volte a settimana con lezioni della durata di un’ora e mezza. Il passaggio alla “strada” invece avviene solo quando l’allievo avrà abbastanza autostima e si riterrà pronto per prendere confidenza con l’arredo urbano e scatenare tutta la propria fantasia da traceur (così viene chiamato l’atleta di parkour).
«Ultimamente – sottolinea il presidente di Cats’ Flow Parkour Avellino – il parkour è stato riconosciuto ufficialmente dal CONI, ma come sempre in Italia siamo molto arretrati, soprattutto riguardo le novità che possono spaventare. All’inizio in città abbiamo avuto problemi di integrazione, poiché invece di vedere ragazzi che svolgevano qualcosa di puro, come aggregazione sociale tramite la nostra disciplina, molti vedevano delinquenti e ladri. Abbiamo avuto molti grattacapo nonostante fossimo una asd riconosciuta a tutti gli effetti. Col tempo hanno imparato a conoscerci e siamo stati più tranquilli. Ora stiamo cominciando anche a portare il parkour e il programma antibullismo nelle scuole, secondo bando di progetto. Nei prossimi mesi vorremmo svolgere anche delle serate dimostrative aperte al pubblico di autodifesa e parkour. Perché fondere le 2 discipline? Perché sono adatti per la difesa e la fuga dopo la neutralizzazione dell’aggressore. Molto utile per le donne, soprattutto di questi tempi purtroppo».

Per info:
Stefano Iandolo, Master Trainer e Presidente
331/4863540 (WhatsApp)

Da Napoli la sfida di #prendi3: quando i social fanno bene all’ambiente

Da Napoli la sfida di #prendi3: quando i social fanno bene all’ambiente

Dall’esempio dell’organizzazione australiana no-profit Take 3, a Napoli nel 2018 è nato #Prendi3. Una sorta di “gioco” lanciato attraverso i social network, con lo slogan: “Invece di Gettare, #Prendi3”. Lo scopo è quello di invertire la tendenza di buttare i rifiuti a terra, specialmente in spiaggia, invitando invece a raccoglierli e gettarli negli appositi contenitori della raccolta differenziata.
La sfida, lanciata attraverso gli account ufficiali su Facebook ed Instagram, vuole ridurre la possibilità che la plastica finisca in mare e per partecipare basta seguire semplici istruzioni:
1) raccogli almeno 3 pezzi di plastica (in spiaggia, al parco, in cittá);
2) scatta un “selfie-utile” all’ambiente e agli oceani con il bottino di plastica che butterai nella raccolta differenziata, copiando e incollando queste istruzioni e usando gli hashtag #Prendi3 #Take3;
3) tagga 3 amici che vuoi invitare a giocare.

spiaggiapulita

Al gioco hanno preso parte anche diverse personalità di spicco come il Ministro Sergio Costa, che ogni estate raccoglie i suoi 3 pezzi di plastica dalla spiaggia di Ascea Marina, l’attore Patrizio Rispo, il musicista Maurizio Capone dei “Capone Bungt Bangt” e altri.
Fino ad oggi sono tantissime le foto i video pervenuti sulla pagina Facebook Prendi3 e il canale Instagram, provenienti non solo dalla Campania, ma da ogni spiaggia e città d’Italia. Visto il successo riscontrato, i promotori di #Prendi3 hanno cominciato ad organizzare anche altre iniziative. Ad esempio le giornate di “Plogging”, attività tipica svedese che deriva dall’unione tra la parola “jogging” e il termine “plocka”, che significa “raccogliere”. Ci si riunisce in città muniti di guanti e sacchetto, per fare jogging e raccogliere la plastica che si trova lungo il percorso. Un momento di unione tra il benessere fisico e quello del pianeta, che diventa anche un’ocassione speciale di socialità.
Altra iniziativa nata dalla community è “#PrendiLAcQUÁ: dove c’è un rubinetto c’è speranza”. L’idea è quella di creare una rete di bar e ristoranti, ma non solo, anche di tutti quei locali che hanno un rubinetto con acqua potabile e che vogliano mettere in pratica il principio secondo il quale l’acqua è un bene comune.

«L’obiettivo di questa campagna – spiegano i promotori di #Prendi3 – è quello di liberarci dalle bottigliette di plastica, coinvolgendo tutti coloro che vogliono applicare il logo della campagna di sensibilizzazione dietro alla vetrina del proprio locale, invitando chi ha con sé la propria borraccia a riempirla con l’acqua del rubinetto. Ad oggi esistono quasi un centinaio di negozi sparsi in Italia tra Lombardia, Basilicata, Puglia, Toscana e prevalentemente in Campania. Stiamo realizzando un sito per mappare tutte le attività, così sarà più semplice per le persone munite di borraccia poter trovare un “rubinetto gentile” dove riempirla. Altra iniziativa – continuano – è #Prendi3Libri e coinvolge le librerie che vogliono regalare un libro a coloro che portano tre bottiglie di plastica in sede. Inoltre c’è la possibilità di scambiarsi i libri com’è avvenuto a Napoli, dove abbiamo realizzato la prima libreria pubblica all’aperto a Piazza Vanvitelli. La libreria è stata realizzata con materiali riciclati e si possono prendere fino ad un massimo di tre libri per poi restituirli o scambiarli con altri. Le iniziative future – concludono dal gruppo – saranno sempre ispirate all’economia circolare, all’educazione ambientale attraverso il gioco e al creare rete tra le realtà associative, istituzionali e imprenditoriali, in modo che si possa andare nella direzione di un’Italia ecosostenibile e che il nostro oceano non venga più martoriato dall’inquinamento da plastica».

Info: [email protected]

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Casa Cidis: alla scoperta della Napoli multiculturale

Casa Cidis: alla scoperta della Napoli multiculturale

Una casa vacanze all’insegna della multiculturalità, per vivere il viaggio da un punto di vista diverso: è il progetto “Casa Cidis”, realizzato da Cidis Onlus a Napoli.

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La struttura si trova in una posizione privilegiata della città, in pieno centro e nei pressi della Stazione di Piazza Garibaldi. Questo la rende l’ideale per chi vuole andare alla scoperta non solo del capoluogo partenopeo, ma anche dei dintorni: da Sorrento ad Amalfi, fino agli scavi di Ercolano e Pompei.
La casa vacanza sorge all’interno del complesso che ospita Cidis Onlus da tempo. L’associazione, attiva in tutta Italia e anche in Campania, si occupa infatti ormai da diversi anni d’accoglienza ai richiedenti protezione internazionale e promuove la diversità culturale come ricchezza, sollecitando la società civile a contrastare discriminazioni e marginalità sociale e, al tempo stesso, ad aprirsi alla ricerca di pratiche di convivenza nel rispetto delle differenze.
Il polo funzionale di Napoli ospita già gli spazi in cui si tengono laboratori di vario genere, come quelli di lingua italiana, d’informatica o di espressione artistica e cucina ed è sede di sportelli di sostegno per l’inserimento sociale e il disagio abitativo.

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Gli ambienti in cui è stata realizzata la casa vacanze sono quelli del vecchio CAS (centro d’accoglienza straordinaria), che sono stati riconvertiti dopo la sua chiusura.
“Quando siamo arrivati nel quartiere – ci racconta Alessandra De Luca, referente Cidis Campania – siamo riusciti a trasformare la naturale iniziale diffidenza dei residenti, in un’esperienza di integrazione che ha avuto un grande riscontro positivo nel territorio. Basti pensare che alla chiusura del Cas i vicini che abitano nei palazzi intorno sono venuti a salutare i ragazzi e molti sono rimasti in contatto. Anche per questo abbiamo deciso di mantenere questa struttura e trasformarla per proporre un’offerta alternativa per il turista, mostrando la Napoli popolare, multiculturale”.
A disposizione degli ospiti ci saranno quattro appartamenti, prenotabili interamente, in caso di famiglie o gruppi, oppure si potrà optare per il “posto letto”, per i viaggiatori che vogliano sperimentare la formula dell’ostello. Al piano di sotto invece è presente un’ampia zona living con cucina e spazio esterno.
I visitatori, qualora lo volessero, potranno prendere parte ai tanti laboratori organizzati, come quelli di riciclo creativo, durante i quali sono stati realizzati diversi arredi di Casa Cidis: come i divani da esterno creati con pedane pallet o i lumi da comodino ricavati da vecchie bottiglie.

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“L’obiettivo – spiega ancora Alessandra De Luca – è creare connessioni tra i turisti e gli stranieri migranti che vivono Napoli e che possono, perché no, fare anche da guida sul territorio. Vogliamo attivare commistioni e relazioni. Nell’ambito di un altro progetto, sempre nella stessa struttura, ma in altri spazi che stiamo allestendo, vivranno per un periodo di sei mesi due ragazze, che in uscita dai circuiti dell’accoglienza, perché appena diventate maggiorenni, potranno fare a Casa Cidis anche un’esperienza lavorativa”.

Nei prossimi mesi gli appartamenti entreranno nei circuiti di online, ma è già possibile prenotare il proprio soggiorno all’insegna della multiculturalità:
per tutte le informazioni potete consultare il sito di Casa Cidis o potete contattare la struttura all’indirizzo email: [email protected]

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Mamanet, lo “sport di pace” per donne e mamme arriva in Campania

Mamanet, lo “sport di pace” per donne e mamme arriva in Campania

Si chiama Mamanet, è nato in Israele ma si sta diffondendo in tutto il mondo. È uno sport che fonde pallavolo e palla rilanciata con regole e allenamenti semplici, riservato alle mamme e alle donne sopra i 30 anni.

Un’attività pensata per far scendere in campo anche chi non ha mai praticato attività sportiva, non si sente particolarmente atletica, ma ha voglia di mettersi in gioco e fare squadra con altre donne.
L’ONU l’ha riconosciuto come sport di pace e Ofra Abramovich, la mamma che ne è l’ideatrice, nel 2005 vide in Mamanet l’opportunità di creare comunità non solo fra le atlete, ma anche fra le loro famiglie, al di là di ogni barriera, affinché nessuna donna fosse lasciata da sola.
In Italia sono già diverse le realtà che si sono formate sotto il coordinamento dell’Aics (Associazione italiana cultura e sport) e ora Mamanet è arrivato anche in Campania, precisamente in Irpinia.

Ad accogliere con entusiasmo il progetto in provincia di Avellino è stato il coordinamento Amdos e Amos irpine, che da diversi anni ormai è impegnato sul territorio con tante iniziative sul fronte della prevenzione per il cancro al seno e non solo.
“Ci è subito piaciuta l’idea – spiega Angela Cresta, vicepresidente del coordinamento – di poter coniugare il tema importantissimo della prevenzione con un’attività tutta al femminile, che vuole promuovere uno stile di vita sano attraverso uno sport che è davvero aperto a tutte. Può infatti essere praticato anche da donne operate, laddove non ci siano complicanze particolari. Siamo subito state travolte da grande entusiasmo e abbiamo sentito fin da queste prime fasi la forza della rete Mamanet: una squadra del foggiano ci ha infatti già contattato per poter organizzare qualcosa insieme”.
La prima Masterclass Mamanet in Provincia di Avellino si è svolta a fine giugno nel Palazzetto dello Sport di Parolise in collaborazione con ASD Sportlan e ASD ALLSport – Siamaggiore. Per l’occasione è arrivato in Irpinia il Mister Massimo Minicucci, allenatore della Nazionale Mamanet Italia.
Adesso continua la fase organizzativa: si individuano strutture, allenatori disposti a formarsi e si promuovono i primi allenamenti in giro per la provincia, per far conoscere e toccare con mano questo sport a chiunque voglia provare. C’è già un grande riscontro e l’obiettivo dall’estate a settembre è quello di costituire almeno tre squadre, che probabilmente avranno sede una a Partenopoli, una a Forino e una tra Solofra e Montoro.

In Campania la pet therapy con l’associazione Rosa Vitillo

In Campania la pet therapy con l’associazione Rosa Vitillo

Rabbit

“Oramai da dieci anni mi dedico alla pet therapy. Ho avuto una formazione lunghissima che si è sviluppata tra animale e utenza, tra educazione del pet e dei comportamenti dell’utente”

“Nel 2011 ho fondato un’associazione, la “Rosa Vitillo Pet therapy”, che si occupa principalmente di questa co-terapia.
Oggi si sente molto parlare di pet therapy e c’è anche tanta confusione sull’argomento, molti pensano che fare pet therapy significhi semplicemente accarezzare un cane, altri che consista in una visita in fattoria didattica.

La pet therapy, consiste in attività assistita con l’animale da compagnia, il neologismo si deve allo psichiatra Boris Levinson che, nel 1962, notò che un suo piccolo paziente autistico entrava in relazione più facilmente alla presenza del cane Jingle. La sperimentazione dell’attività assistita con gli animali risale, però, alla fine della seconda guerra mondiale, laddove gli orfani di guerra vennero sottoposti a trattamenti con il pet per elaborare il lutto e i traumi subiti. I principi base sono facilmente intuibili: l’animale da compagnia ispira tenerezze, coccole e ci stimola alle cure parentali, la comunicazione è non verbale e quindi immediata e non filtrata dal codice linguistico. Gli animali ci fanno regredire all’infanzia grazie all’aspetto neotenico e, nel caso dei bambini, trovano un ponte di comunicazione spontaneo ed atavico.

Non è un caso che già, nelle favole di Esopo, la metafora animale sia impiegata per spiegare ai bambini vizi e virtù: così la volpe diventa astuta, il cane fedele, il gatto furbo e così via.
Ma ciò che rende veramente terapeutico il setting è la relazione tra il coadiutore (colui che guida l’animale da pet therapy all’interno della singola sessione) e l’animale stesso, tanto più se si tratta del cane. La relazione consente al cane di “fidarsi” dell’utenza, di tollerare scatti e manipolazione pesante, di conoscere e di esplorare. Sempre la relazione nella coppia coadiutore/utente consente di poter guidare il cane ad effettuare giochi, esercizi o semplicemente di farsi accarezzare da tutti indistintamente e questo non è lasciato mai al caso, ma sempre inserito in una sessione strutturata per obiettivi sapientemente scelti dall’equipe di riferimento. Indispensabile, infatti, per le attività assistite è una squadra multidisciplinare composta da un veterinario comportamentalista, uno psicologo e un coadiutore: questo ci dicono le linee guida nazionali ma, nella prassi, è necessario poter contare anche su un veterinario clinico, un educatore cinofilo e varie figure professionali intercambiabili in base al lavoro che si svolge. Ad oggi la formazione degli operatori deve essere riconosciuta dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie di concerto con il Ministero della Salute ed è valutata, oltre che sulla preparazione teorica, anche sull’esperienza ed i risultati pratici maturati durante l’esperienza lavorativa.

Gli studi scientifici si sono poi susseguiti nei vari ambiti, dal Journal of American Geriatric Society che sottolinea come gli anziani possessori di un animale da compagnia mostrano un maggior benessere e maggiore attitudine a svolgere le azioni della vita quotidiana se sottoposti ad un’attività strutturata. Inoltre gli animali sapientemente scelti ed educati a tale scopo aiutano a combattere il senso di solitudine ed abbandono, sollecitare la memoria, favorire un miglioramento del tono dell’umore, nel linguaggio, mantenere le facoltà cognitive residue. L’animale costituisce un formidabile elemento di proiezione e una sorta di prolungamento del proprio Io e per il bambino è più facile raccontare i problemi o esprimere i suoi sentimenti, attraverso la “voce” del cane o del gatto. Jingles e gli altri animali non sostituivano il medico, erano diventati semplicemente dei mediatori, che favorivano l’interazione medico-paziente. Levinson aveva capito che gli animali catalizzavano le interazioni umane, constatando che il rapporto tra bambino e cane ne favoriva uno più stretto con il medico – costituiva in altre parole, un oggetto transizionale.
Io e Sabbia siamo veramente molto felici del lavoro svolto, dei ragazzi, bambini ed anziani con cui lavoriamo, ogni singola sessione è un momento di condivisione e crescita personale. È importante veicolare il messaggio per cui la pet therapy consiste in un’attività strutturata e mirata alle esigenze dell’utenza: “terapeutico” non è “prendersi un cane” bensì organizzare un setting per obiettivi, con animali e operatori, preparati dal punto di vista comportamentale, sanitario e professionale.”
Dott.ssa Gloria Malavolti, coadiutore cane, gatto e coniglio, riconosciuto dal Ministero della Salute e dall’Istituto Zooprofilattico delle Venezie
Presidente “Associazione Rosa Vitillo Pet Therapy”

Ad oggi seguo comunità e privati, svolgendo la pet therapy, nella forma delle A.A.A. (attività semplice con gli animali) e alcuni di loro hanno voluto portare la loro esperienza.

La struttura “Villa Serena”di Pesco Sannita, descrive la nostra attività con le parole della Dott.ssa Silvana Leone:
Le persone anziane hanno bisogno di stimoli continui, di amore, di supporto fisico e morale; ogni giorno, sempre. L’ anziano è di per sé più sensibile e bisognoso di aiuto costante, le malattie e i ricoveri in strutture rendono queste creature già così fragili, ancora più bisognose di attenzioni.
L’utilizzo degli animali, in particolare del cane, per far fronte a difficoltà e malattie diventa una vera e propria terapia. Gli animali hanno la capacità naturale di offrire Amore incondizionato e senza chiedere nulla in cambio e questo rappresenta un supporto straordinario per tutte le persone anziane e malate.
Uno degli obbiettivi più importanti che caratterizza la struttura per anziani di Pesco Sannita, Villa Serena, è quello di stabilire un legame, un rapporto, un’affinità tra questi ultimi e gli ospiti presenti.
La pet therapy, con i suoi risultati immediati e tangibili, è un impegno costante che i volontari dell’associazione Rosa Vitillo, portano avanti con i nostri ospiti.
L’incontro con gli animali apporta benessere psico-fisico ed è una nuova qualità della vita, sviluppa i sensi e lavora su molti meccanismi psicologici. Aumenta il senso di socialità e fa sentire gli anziani responsabili di un altro essere vivente. Gli ospiti di Villa Serena rafforzano con la pet therapy le altre forme di terapia tradizionale. Spesso di difficile comprensione, la comunicazione non verbale, le emozioni e gli stati di animo che questi rapporti speciali riescono a stabilire e creare, supera di gran lunga l’ aspettativa e l’ immaginario comune. La direzione della Struttura Villa Serena, nelle persone del Dottor Vincenzo Meoli, della dottoressa Silvana Leone e dottoressa Luisa Leone è pienamente soddisfatta e pronta ad intensificare questa attività bellissima che sta riempiendo gli animi e i cuori degli ospiti.

Pet Therapy a Villa Serena

La fattoria Sociale Villa Mancini, invece, con le parole della Dott.ssa Mariagrazia D’Aniello, responsabile della struttura, ci descrive così:
Grazie all’incontro virtuoso con Gloria Malavolti, presidente dell’”Associazione Rosa Vitillo Pet therapy”, anche la Fattoria Sociale Villa Mancini ha potuto sperimentare gli effetti positivi della pet therapy. Per nulla impauriti i ragazzi della fattoria hanno accolto i nuovi amici. Già dal primo incontro hanno giocato con loro, spazzolato, accarezzato, portato al guinzaglio gli animali, stabilendo così una prima relazione basata sul rispetto e la fiducia reciproca. Sono “coccole che curano” perché l’animale diviene co-protagonista nel processo terapeutico agendo come soggetto attivo e come tale, non utilizzato, ma vero e proprio partner nella relazione empatica ed emozionale. Niente performance: si tratta di spontaneità, naturalezza e armonia. Tutto si svolge con semplici gesti, con sorrisi autentici, incrocio di sguardi, sobrietà e leggerezza. Il sentimento d’affetto che lega l’uomo ad un amico del mondo animale ha sempre avuto una funzione equilibratrice e di sostegno nella vita delle persone. L’uomo, infatti, è un essere sociale che necessita di instaurare legami con altri esseri viventi, anche di specie diverse. Le porte della struttura vengono quindi aperte a cani-dottori che attraverso giochi e interazioni con i ragazzi ospiti contribuiscono a migliorarne l’umore è la salute. Su questi assunti si basa il nuovo progetto di pet therapy che coinvolge i beneficiari della Fattoria Villa Mancini con i partecipanti dell’albergo diffuso di Campolattaro, un progetto condiviso che quindi lavora sull’integrazione e interazione tra ospiti di diverse realtà. L’obiettivo è quello di sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dei ragazzi coinvolti nel progetto, in modo tale che questi possano realizzare più adeguatamente l’integrazione intra e interpersonale e migliorare, di conseguenza, la qualità della vita, grazie ad un processo di accompagnamento valido ed efficace. Momenti unici ricchi di senso che ci riportano in fretta alle parole pronunciate da Seneca: l’affetto per un cane dona all’uomo grande forza.

La Dott.ssa Patrizia Petrillo, coordinatrice del Centro Diurno “La Fabbrica di Ozanam” parla dei nostri incontri, dicendo:
“L’attività di pet therapy svolta presso il nostro centro ha visto coinvolti gruppi di ragazzi che, in un’ottica di condivisione, hanno intrapreso una terapia basata sull’interazione uomo-animale con obiettivi di miglioramento comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo.
La predisposizione al rapporto con l’animale, l’affidabilità dello stesso, la cura e l’amore alla base della relazione tra gli utenti e “SABBIA e CIUFFA”, hanno permesso ai nostri ospiti di vivere una esperienza relazionale emozionante, vivace ed allegra. Giochi, osservazioni, attività manipolative hanno accompagnato in ogni incontro l’esperienza  con gli animali, dando la possibilità ai ragazzi di ampliare le loro capacità relazionali e migliorare i problemi comportamentali. Attraverso la pet therapy si è vissuto un profondo momento di condivisione delle emozioni, dei propri stati d’animo, di paure, dando la possibilità ad ognuno di loro di sperimentarsi con le proprie difficoltà in un rapporto di cura e fiducia, senza vivere o sentire forte il pregiudizio che spesso è alla base delle relazioni sociali.

 

Gli asini diventano protagonisti della pet therapy

Gli asini diventano protagonisti della pet therapy

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A Capaccio –  Paestum i volontari di “Maestro asino” si dedicano all’onoterapia

Spesso considerati nell’immaginario collettivo come animali poco svegli e non troppo intelligenti, oggi gli asini si prendono la loro rivincita diventando protagonisti della pet therapy. L’onoterapia, ossia la terapia con gli asini, è infatti un vero e proprio percorso terapeutico che ha dimostrato di essere particolarmente efficace con bambini con problemi cognitivi, anziani e diversamente abili.

Ma cosa rende questa tipologia di equini così speciali?

Gli asini, ritenuti a ragione “animali sociali”, “accumulatori di stress”, sono in grado di suscitare emozioni positive e di coinvolgere il proprio interlocutore. La loro proverbiale pazienza ed il loro essere diverso costituiscono delle qualità uniche che ne fanno un ottimo co-terapeuta, suscitando emozioni e sentimenti positivi.
Si tratta di animali buffi, da abbracciare, stringere, coccolare: tutte azioni che spingono ad uscire da sé ed aprirsi al mondo esterno, per dare e ricevere attenzioni ed affetto; ad essere “presenti” per poter sintonizzare le proprie sensazioni ed emozioni, riconoscendole e dominandole. L’animale diventa così un catalizzatore che aumenta la percezione delle emozioni e dei sentimenti, favorendo lo sviluppo dell’autostima del senso di sicurezza e responsabilità. L’impegno nell’accudire l’animale supporta la crescita e la maturazione della persona, contribuendo a fargli acquisire un’immagine positiva di sé e del proprio valore accrescendo autostima, autocontrollo, percezione sensoriale, gestione delle emozioni, affettività e aiutando a contrastare solitudine, ansia e depressione.

Proprio da queste premesse è nata l’associazione Maestro asino onlus che, a Capaccio Paestum, in provincia di Salerno, è impegnata, con protagonisti i suoi tre simpatici asinelli, Ettore, Caterina e Beatrice, nella realizzazione di attività assistite e progetti di onoterapia. L’associazione è stata fondata nel 2014, ed è un’idea dell’insegnate di sostegno Antonella Chiarelli. Oggi con lei collaborano docenti, specialisti ed operatori volontari, accomunati dall’amore per gli asinelli, i quali in maniera del tutto libera, spontanea e gratuita aiutano il prossimo con una “pet therapy” molto efficace.
Gli ospiti dell’asineggio di Maestro Asino, svolgono con i loro visitatori una serie di divertenti attività dirette a prendersi cura, gestire e giocare con gli asini, effettuando inoltre delle rilassanti passeggiate, in compagnia di questi splendidi animali, a contatto con la natura riscoprendo i ritmi e gli stili di vita di una volta.
Attualmente i volontari e gli asini dell’associazione sono impegnati nella realizzazione di un progetto di onoterapia, denominato “Il primo della classe”, in favore dei bambini diversamente abili che frequentano la scuola dell’infanzia e primaria dell’I.C. Capaccio — Paestum diretto dalla Dirigente Scolastica Enrica Paolino nonché di un secondo progetto denominato “Maestro Asino” in favore dei bambini diversamente abili della scuola primaria dell’ I.C. di Albanella, finanziato dall’Istituto di Credito B.C.C. di Capaccio – Paestum, dalla società Convergenze s.p.a. e dal Comune di Albanella.

Per questa primavera è in programma un progetto organizzato dall’Amministrazione del Comune di Camerota, destinato ad alcuni utenti diversamente abili di quel comune.
Chi fosse interessato inoltre, potrà far visita agli asini dell’associazione e partecipare alle numerose attività, in occasione dell’organizzazione della “giornata con gli asini” evento che si svolge alcune volte l’anno (la data sarà indicata sul sito) e durante il quale l’asineggio è aperto a tutti.

Per ulteriori informazioni
www.maestroasino.it
email: [email protected]
tel: 366 8331092
Via Feudo nr.12 del comune di Capaccio – Paestum (SA)

ARCAT Campania: club territoriali per il trattamento dell’alcolismo e non solo

ARCAT Campania: club territoriali per il trattamento dell’alcolismo e non solo

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I Club Alcologici Territoriali sono comunità multifamiliari territoriali fulcro dell’approccio ecologico sociale elaborato da V. Hudolin negli anni ’60 per il trattamento dei problemi alcolcorrelati. Sono una realtà di volontariato, indipendente da qualsiasi istituzione pubblica, attivamente inseriti nella comunità locale organizzati in associazioni a vari livelli (locale, regionale, nazionale, mondiale) e rappresentano il sistema di trattamento non istituzionale più diffuso in Italia e attualmente riproposto in circa 40 paesi del mondo.

Nascono per affrontare le sofferenze legate al consumo di alcol ma successivamente si sono dimostrati efficaci nell’accogliere il disagio correlato ad altre forme di attaccamenti, come ci dimostra la positiva esperienza dei programmi di intervento su azzardo e new addiction avviati negli ultimi 20 anni a Salerno.
Si sono evoluti dai gruppi di auto mutuo aiuto centrati sul semplice trattamento del sintomo a laboratori di sperimentazione di stili di vita in cui il superamento del problema avviene in un processo di ri-orientamento globale degli stili di vita della famiglia e di educazione alla valorizzazione delle risorse al fine di scoprire e moltiplicare il capitale sociale di cittadinanza solidale e partecipe ai bisogni civici della comunità.

I problemi correlati all’assunzione di stili di vita rischiosi sono un fenomeno sistemico e complesso che coinvolgono lo stato di salute dell’INDIVIDUO, della FAMIGLIA e della COMUNITÀ. Trovano la loro origine nell’attuale cultura sociale che propone uno stile di vita normalizzato che può interessare tutta la popolazione compromettendo la qualità generale della sua vita e del suo benessere.
Per la sua multidimensionalità, l’Approccio Ecologico Sociale non è riducibile ad una mera tecnica di trattamento dei disturbi fisici o psichici indotti dall’alcol, dall’azzardo o da altre addiction finalizzata al loro controllo o contenimento, ma ambisce a contribuire all’affermazione di un modello culturale che promuova una migliore qualità della vita della persona, della famiglia e della comunità.

Il Club individua nella famiglia la risorsa principale per la realizzazione del processo di crescita e di cambiamento delle persone e promuove la cultura della responsabilità, favorendo la presa in carico della propria salute e la partecipazione attiva alla costruzione della salute collettiva. Oltre a contribuire al cambiamento dello stile di vita di tutti i componenti delle famiglie, si propone di contribuire a modificare la cultura generale e sanitaria della comunità in cui è inserito ed è aperto alla collaborazione con tutti i soggetti, pubblici e privati, disponibili a sviluppare i programmi territoriali. In un’ottica di ecologica ancorata alla salute del territorio, il Club si caratterizza sempre più come una comunità di cittadini attivamente impegnati nel promuovere stili di vita sani nella comunità locale.

In Campania sono presenti 18 club a Salerno e provincia, Napoli e provincia ed Avellino afferenti all’ARCAT Campania.

SALERNO
Club “La Speranza”
Martedi ore 19.00, servitore insegnante Aniello Baselice
cell. 3474143999
sede ARCAT Campania
Via Michele Pironti, 14

Club “Il Bucaneve”
Mercoledi ore 18.30, servitore insegnante Tina Lettieri
cell. 3272638690
sede ARCAT Campania
Via Michele Pironti, 14

Club “La Fenice”
Mercoledi ore 18.30, servitore insegnante Stefania Pirazzo
cell. 3485709631
sede ARCAT Campania
Via Michele Pironti, 14

Club “La Rivincita”
Giovedi 19.30, servitore insegnante Mariarosaria Tepedino
cell. 3336801906
Chiesa dell’Immacolata
P.zza San Francesco

Club “Il Girasole”
Lunedi ore 19.00, servitore insegnante Angela Fascì
cell. 3392401330
sede ARCAT Campania
Via Michele Pironti, 14

Club “Il Maestrale”
Martedi ore 19.00, servitore insegnante Raffaella D’Antuono
cell. 3277903821
sede ARCAT Campania
Via Michele Pironti, 14

Club “Vittoria”
Martedi ore 19.00, servitore insegnante Giuseppe Lamberti
cell. 3333391914
sede ARCAT Campania
Via Michele Pironti, 14

OLIVETO CITRA
Club “S.Francesco D’Assisi”
Sabato ore 18.00, servitore insegnante Filomena Coglianese
cell. 3334984020
presso il Centro Sociale Via Sandro Pertini

NOCERA INFERIORE
Club “San Ciro”
Martedi ore 18.30, servitore insegnante Clelia Stanzione
cell. 3206179913
presso la Chiesa S. Giovanni di Cicalese

CAVA DE’ TIRRENI
Club “San Filippo Neri”
Mercoledi ore 18.30, servitore insegnante Clelia Stanzione
cell. 3206179913
presso la Chiesa S. Maria del Rovo

SCAFATI
Club “Avvenire”
Mercoledi ore 19.30, servitore insegnante Franco Cinque
cell. 3475996810
presso C.A.G. Maranatha, P.zza Falcone Borsellino

AGROPOLI
Club “Nuova Vita”
Lunedi ore 18.30, servitore insegnante Vincenza Marino
cell. 3492897393 presso l’Oratorio Giovanni Paolo II
Chiesa S.Maria della Grazie – P.zza della Repubblica

VALLO DELLA LUCANIA
Club “L’Ancora”
Lunedi ore 18.30, servitore insegnante Isabella Petracca
cell 3383723365
presso il Convento dei Domenicani

AVELLINO
Club “Liberi”
Venerdi ore 19.00, servitore insegnante Giovanni Vitale
cell. 3288477678
presso la Parrocchia S.Ciro – Viale Italia

NAPOLI
Club “La Rosa di Gerico”
Martedi ore 19.00, servitore insegnante Anna Coppola
cell. 3472965433
presso la Parrocchia della Visitazione
Via Nazionale delle Puglie – Tavernanova

CASTELLAMARE DI STABIA
Club “Il Girasole”
Martedi ore 18.00, servitore insegnante Patrizia Sisto
cell. 3492605299
presso la Chiesa del Carmine

PORTICI
Club “La Luce”
Lunedi ore 19.00, servitore insegnante Tina Turco
cell. 3387283360
presso la Chiesa della Salute

Incontri: la Festa del Volontariato 2018 di Irpinia Solidale

Incontri: la Festa del Volontariato 2018 di Irpinia Solidale

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La Festa del Volontariato, organizzata e promossa dal Centro Servizi Irpinia Solidale, rappresenta, ogni anno, l’occasione per condividere e valorizzare l’impegno dell’esercito di volontari che opera in provincia di Avellino nelle oltre 220 associazioni presenti sul territorio.
“Incontri” è il titolo della manifestazione, che si svolgerà giovedì 14 e venerdì 15 giugno al Campo Coni di Avellino, nell’ambito degli SportDays 2018. La Festa del Volontariato rappresenta non solo un’occasione di incontro tra le varie realtà associative, ma anche tra il terzo settore e i cittadini, che avranno modo di partecipare alle tante iniziative e conoscere da vicino la vivacità e l’eterogeneità che caratterizza il mondo del volontariato.
“Il nostro programma quest’anno è ricco di iniziative e soprattutto di novità – dichiara il presidente di Irpinia Solidale Giuseppe D’Argenio – I partecipanti avranno la possibilità di farsi coinvolgere in attività diverse quali, ad esempio, laboratori artistici e musicali; lezioni di equifitness; torneo di calcio balilla umano. Non mancherà l’intrattenimento per i più piccoli: dal disegno alla musica, dagli spettacoli itineranti ai laboratori interattivi”.
La due giorni vedrà la partecipazione di associazioni e volontari provenienti da ogni parte della provincia e operanti nei diversi settori di attività (dall’assistenza sociale alla protezione civile; dalla cultura all’ambiente; dalla tutela dei diritti alla sanità).
“Sarà un momento di festa – prosegue il presidente D’Argenio – ma soprattutto di scambio, confronto, conoscenza e di promozione della cultura della solidarietà e dei valori di gratuità, responsabilità sociale e integrazione”.
L’evento sarà presentato nel corso della conferenza stampa che si terrà giovedì 14 giugno 2018 alle ore 10,30, presso il Campo Coni.
“Un ringraziamento particolare – conclude il presidente – va al professore Giuseppe Saviano, organizzatore dell’importante kermesse sportiva da sempre attento alle tematiche sociali, per aver reso possibile anche quest’anno la collaborazione tra Centro Servizi Irpinia Solidale e SportDays”.

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Fratres, un impegno costante

Fratres, un impegno costante

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Si è svolta dal 18 al 20 maggio la 48ᵃ Assemblea Nazionale dei Gruppi Donatori di Sangue Fratres a Palermo, la scelta di questa città meravigliosa è ricaduta a seguito della proposta avanzata dal Consiglio Regionale Fratres della Sicilia al Consiglio Nazionale Fratres, che ha tenuto conto del fatto che Palermo è stata proclamata città italiana della cultura 2018. Il presidente Nazionale Fratres Sergio Balestracci ha affermato che, inizialmente, aveva qualche titubanza sull’organizzare l’assemblea ordinaria in Sicilia semplicemente per una questione di distanza la quale avrebbe potuto penalizzare la partecipazione da parte dei gruppi più distanti, ma nonostante ciò l’assemblea ha visto la partecipazione di oltre 300 gruppi operanti in tutta Italia, dei dirigenti, delle autorità religiose e civili, ma anche di personalità del settore socio-sanitario.

La prima tavola rotonda si è tenuta sulla talassemia, realizzata grazie al supporto del Coordinamento dei CSV della Sicilia – Fondo speciale per il volontariato, e moderata dal prof. Aurelio Maggio, direttore del Dipartimento di Ematologia e Oncologia presso l’A. O. O. R. Villa Sofia – Cervello di Palermo, che ha visto come relatori il dott. Antonino Giambona e Valentino Orlandi, presidente UNITED, Federazione Italiana delle associazioni delle Anemie Rare, Talassemie e Drepanocitosi, sono intervenuti, inoltre, i pazienti e una rappresentanza di Consulenti Sanitari Fratres e di Trasfusionisti di livello nazionale. Momento topico è stato quello in cui il Consiglio Regionale Fratres della Sicilia, presieduto da Antonino Pane ha consegnato due riconoscimenti a due siciliani che si sono contraddistinti per l’apporto e la collaborazione con la Fratres.
Il sabato è stato dedicato ai lavori associativi con la relazione di attività, ma è stato anche conferito uno speciale riconoscimento nazionale per meriti associativi a Roberto Fatuzzo, storico volontario e dirigente Fratres della regione, primo presidente regionale Fratres Sicilia e vicepresidente nazionale oltre che, in seguito, anche consigliere nazionale. Sono stati premiati, inoltre, dei gruppi che hanno registrato il maggior fattore di crescita annuo inerente alle donazioni e ai donatori. La mattina della domenica i vari gruppi e rappresentanti hanno sfilato con i labari sociali per le vie circostanti per poi partecipare alla Santa Messa presso la Chiesa Madre Maria SS delle Grazie di Terrasini officiata da don Renzo Cannella.
Durante l’assemblea, quindi, i referenti delle associazioni sono stati chiamati a fare il punto della situazione su ciò che è stato svolto dai Regionali e dai relativi gruppi durante il corso dell’anno 2017.
La Campania si ritrova a vivere, da metà 2016, una crisi profonda in quanto ha visto diminuire drasticamente il numero delle donazioni, ci si ritrova così, parafrasando il cav. Uff. Giuseppe Festa, a ricostruire un mosaico. Essendosi dovuti adeguare alla nuova normativa, gli standard precedenti non si possono più sostenere , ma naturalmente restano salvi i valori della donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita del sangue. Si bada sempre più alla qualità, da ciò è derivata la costituzione di una nuova figura, quella del referente alla qualità, nel caso di specie, Evarista Di Prisco, egli ha il compito di badare a che le procedure vengano eseguite, inoltre, lo stesso si è adoperato per l’istituzione dei corsi di formazione del personale per far sì che il personale addetto alla donazione sia formato e professionale.

L’augurio del presidente del Regionale Fratres Campania è che l’associazione medesima riesca ad avere un andamento ascendente e di qualità nonostante i metodi differenti utilizzati dai rispettivi interlocutori,lo stesso, ha evidenziato che nel 2017 si è registrato un drastico calo delle donazioni, ma nonostante ciò molti traguardi sono stati raggiunti, tra i quali si contano: l’accreditamento di due UdR (una a Sant’Antonio Abate, in provincia di Napoli, presso la sede del medesimo gruppo e una a Montella, in provincia di Avellino, anch’essa situata presso la sede del medesimo gruppo) e di due autoemoteche (una acquistata in parte con il contributo del Fondo Nazionale di Solidarietà della Consociazione Nazionale presieduto da Vincenzo Lanzo ed il restante dai gruppi Fratres della provincia di Napoli e un’altra acquistata con il contributo dei gruppi della provincia di Avellino).

Tutto quanto su descritto comporta oneri di non poco conto, a tutt’oggi il Regionale Fratres Campania ha preso impegni per circa 45 mila euro. I problemi non mancano e sono dovuti per lo più ai contratti che sono a carico del regionale, lamenta il presidente Festa, cosa che non accade in altre regioni, somme che addizionate a quelle dell’acquisto delle autoemoteche e all’allestimento delle sedi fa sì che vengano messi a disposizione oltre 300 mila euro per il perseguimento dei fini dell’associazione. Nonostante il periodo buio, un ulteriore bagliore di speranza è stato la riattivazione di alcuni gruppi del salernitano come Siano grazie anche alla convenzione con il San Giovanni e Ruggi di Salerno.
L’attività dell’associazione non si ferma alla donazione in sé, ma si basa anche sulla promozione della stessa, molti progetti a tal proposito sono in atto. È stato presentato, infatti, al CSV di Avellino, grazie alla collaborazione del referente Giovani Fratres della Campania, Antonio Di Fraia, un progetto finalizzato alla promozione della donazione del sangue presso le scuole superiori e che, in futuro, verrà esportato nelle altre scuole della Campania. Martedì 22 maggio c’è stato un primo incontro dal titolo “DonarSi” presso il Liceo Scientifico Caprariis di Atripalda, suddiviso in due parti : c’è stato dapprima la conferenza ove il Presidente Regionale Fratres Campania Giuseppe Festa e il presidente del Consiglio provinciale Fratres di Avellino Evarista Di Prisco hanno spiegato in cosa consiste la donazione di sangue e l’attività che svolge la Fratres, il secondo momento è stato dedicato alla visita dell’autoemoteca da parte dei ragazzi del Liceo.
Nuovi progetti e attività sono in programma per contribuire a promuovere la donazione del sangue, il prossimo appuntamento di rilevanza nazionale è il meeting dei Giovani Fratres che si terrà il 7 e l’8 luglio a Salerno e vedrà la partecipazione dei giovani Fratres provenienti da tutta Italia.
Il 14 giugno viene festeggiata la Giornata Mondiale del Donatore di Sangue, è stata istituita nel 2004 dall’OMS ed è la ricorrenza del giorno di nascita del biologo austriaco Karl Landsteiner, scopritore dei gruppi sanguigni.

 

Verso l’Arco

Verso l’Arco

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Primavera della mobilità dolce, per una fruizione sostenibile e rispettosa dei vecchi sentieri della valle solofrana, ricchi di storia e tradizioni. L’impegno per il riconoscimento cartografico ufficiale del sentiero che conduce all’Arco naturale, monumento geologico del Parco regionale dei Monti Picentini. Sabato 9 giugno 2018 gli amanti dell’escursionismo sono invitati all’evento “Verso l’Arco”, nell’ambito della “Primavera della Mobilità Dolce” lanciata da A.Mo.Do.(Alleanza della Mobilità Dolce), di cui Legambiente è fondatrice, per scoprire e promuovere il territorio in maniera slow e dare visibilità ai sentieri ed alle aree protette del Parco Regionale dei Monti Picentini, per una fruizione dolce del paesaggio.

“L’ascesa verso l’Arco naturale, monumento geologico che insiste nel comune di Solofra – dichiara Antonio Giannattasio, Presidente del Circolo Legambiente “Valle Solofrana” Solofra-Montoro – ha l’obiettivo di far conoscere e sottolineare la bellezza dei sentieri presenti e che si snodano nelle nostre montagne. Sentieri ricchi di storia e tradizioni, luoghi in cui si svolgevano lavori antichi che stringevano in un stretto legame l’uomo e la montagna, simbolo di fatica e sostentamento. Tutto questo per rinnovare fino ai giorni nostri il rispetto e l’amore dei boschi risorsa ed opportunità”.

“Dal giorno della sua riscoperta – ci racconta Alessandro De Stefano, Presidente dell’Associazione Salvaguardia Beni Culturali Solofra – abbiamo puntato molto sulla conoscenza di questa maestà carsica nascosta nel cuore della montagna, a pochi passi dalle antiche Neviere, conche artificiali che furono costruite dai nostri avi per l’accumolo dei ghiacci invernali. Nel corso dei secoli l’uomo ha saputo sfruttare a proprio vantaggio la morfologia del territorio e le sue peculiarità, costruendo Neviere, Carbonaie e Calcare, che per generazioni hanno garantito lavoro e sostentamento”.
“Per la mia conoscenza dei Picentini – sostiene Michele Renna, tecnico del CAI Club Alpino Italiano, sezione di Avellino – l’Arco delle Neviere è una formazione unica nel suo genere e certamente il sentiero che ad esso conduce ha giustamente meritato di essere inserito nella nuova cartografia come Sentiero CAI 160. Ciò rispecchia quelle che sono le normative del CAI relative al bidecalogo per la tutela dell’ambiente montano, essendo questo sentiero foriero di storia delle vecchie economie delle popolazioni dell’appennino”.

“Un emozionante viaggio nella Solofra Saluber – dichiara Domenico Cosimato, responsabile della comunicazione della Proloco di Solofra – il sentiero verso l’Arco è un esperienza escursionistica intrisa di bellezza e storia, una testimonianza della laboriosa attività montana del popolo solofrano. Lavoreremo affinché il sentiero possa divenire meta di appassionati ed amanti della natura e un grande esempio di coesione associativa. E’ nostro compito sostenere la promozione ad ogni livello dell’ampio patrimonio artistico, culturale e paesaggistico di questa comunità”.
“Verso l’Arco” è frutto della sinergia di queste solerti Associazioni che lavorano costantemente sul territorio ed in particolare dell’A.S.Be.Cu.So. (Ass. Salvaguardia Beni Culturali di Solofra), che dal Maggio del 2005 ha riscoperto questa meraviglia delle nostre montagne, curandone i sentieri e promuovendone la conoscenza.

Informazioni sul percorso:
– Quote altimetriche (mslm): Fontana Scorza (482) | Grotticelle (878) | Neviera Maggiore (1240) | Arco naturale (1300)
– Dislivello totale: 800 metri | Difficolta: EE – escursionisti esperti | Tempo di percorrenza totale: 5 ore
– Lunghezza del percorso: 9 Km | Presenza acqua: All’inizio presso Località Scorza
– Equipaggiamento: SCARPE DA TREKKING (suola vibram o simile), PRANZO A SACCO, 2 LITRI DI ACQUA.
Consigliato abbigliamento di ricambio e bastoncini telescopici.
L’evento vede coinvolte le associazioni: A.S.Be.Cu.So. – Associazione Salvaguardia Beni Culturali Solofra, Circolo Legambiente “Valle Solofrana” Solofra-Montoro, CAI Club Alpino Italiano – sezione di Avellino, Pro-Loco di Solofra. Si ringrazia il supporto dell’Associazione Volontari del Soccorso Smile per l’assistenza.

Programma ed altre info:
Ore 8.00 raduno località Scorza, area Crocefisso;
Ore 8.15 partenza, tappe intermedie Chiammarano – Grotticelle – Neviera;
Ore 11.30 visita a gruppi all’Arco naturale;
Ore 13.30 partenza per il ritorno
Numero massimo partecipanti 50.
Per coloro che sono sprovvisti di copertura assicurativa la partecipazione è consentita solo in seguito alla sottoscrizione di liberatoria da effettuare entro il 7 giugno.
Per gli interessati è indispensabile contattare la segreteria organizzativa: Alessandro 3480729398 , Antonio 3478641421.
Per il ritiro e la consegna delle liberatorie rivolgersi alla Pro Loco Solofra, in via Regina Margherita dalle 8.30 alle 17.00 dal lunedì al venerdì.

 

Fondazione CON IL SUD: 300 mila euro per i progetti del Bando Ambiente 2018

Fondazione CON IL SUD: 300 mila euro per i progetti del Bando Ambiente 2018

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Fondazione CON IL SUD promuove la quarta edizione del Bando Ambiente. Scadenza l’8 giugno 2018.

Le organizzazioni del Terzo settore di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia possono presentare progetti esemplari per la prevenzione e riduzione dei rischi ambientali all’interno dei Parchi e delle Aree naturali protette meridionali. Oltre al soggetto responsabile, ogni partnership deve prevendere al suo interno la partecipazione degli OdG – Organismo di Gestione delle aree protette oggetto di intervento.

Lo scenario italiano e al Sud non è dei migliori anche dal punto di vista ambientale. Sono oltre 200 le aree naturali protette meridionali minacciate dalla “perdita” delle biodiversità, da inquinamento, incendi e più in generale dal dissesto idro-geologico. Un patrimonio dal grande valore anche culturale ed economico, che deve essere tutelato e valorizzato in chiave comunitaria.
La Fondazione selezionerà le proposte ritenute più valide e capaci di generare valore sociale ed economico sul territorio. I progetti dovranno prestare attenzione alla responsabilizzazione delle comunità locali che insistono sull’area protetta, ad esempio concentrandosi più sull’attivazione di iniziative e comportamenti virtuosi di rispetto e tutela dell’ambiente, che sulla realizzazione di eventi e manifestazioni isolate.
I progetti devono avere una durata compresa tra i 24 mesi e i 36 mesi. La richiesta di contributo non deve essere superiore a 300 mila euro e deve prevedere una quota di co-finanziamento economico di almeno il 20% del costo complessivo del progetto.

Saranno giudicate positivamente le proposte che, tra gli altri criteri: siano caratterizzate dalla chiara definizione degli obiettivi qualitativi e quantitativi, in particolare con riferimento alla riduzione del rischio ambientale individuato; identifichino idonee modalità per il monitoraggio e strumenti quali-quantitativi per la valutazione del progetto; assicurino adeguate garanzie sulla continuità delle attività avviate, in termini di sostenibilità economica e organizzativa, anche oltre la durata dei finanziamenti richiesti; prevedano adeguate modalità di comunicazione per la promozione delle iniziative proposte.

Le proposte di progetto devono essere compilate e inviate esclusivamente online entro le ore 13:00 dell’8 giugno 2018 attraverso il portale Chàiros.

 

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