corno napoletano

Perché proprio il corno?

Il corno napoletano contro il malocchio è da sempre considerata un’arma preziosa per tenere lontana la sfortuna, la jettatura e quant’altro possa esserci negativo. Già nel XVIII secolo a Napoli si iniziò a parlare del corno in qualità di antidoto contro il malocchio o la cattiva sorte.

Ad avere la felice idea del corno anti jella fosse un prete, il quale, al fine di evitare, o almeno limitare, la brutta abitudine, diffusasi tra la gente, di grattarsi fra le gambe, al solo apparire di un presunto jettatore, iniziò a diffondere l’abitudine di stringere tra le mani il corno per difendersi da jettature. Si dice anche che il prete fosse omosessuale e da qui l’espressione napoletana in caso di sfortuna: “Fatte benericere a nu prevet ricchione”, fatti benedire da un sacerdote omosessuale,

Nell’Ottocento degli pseudo scienziati, confermarono che davvero esistevano persone iettatrici e che dalla loro pelle uscissero sottilissime palline malefiche, mentre altri ricorsero ad una singolare dottrina detta mesmerismo. Nel secolo scorso, il malocchio, la jettatura ed il corno da competenza di studiosi divennero il tema di rappresentazioni comiche o satiriche, tanto da diventare oggetto per scrittori ed artisti, primo fra tutti, Luigi Pirandello con il suo racconto “La patente” scritto nel 1911, e un decennio dopo al principe della risata Antonio De Curtis, in arte Totò.

Oggi il corno napoletano rimane il culto e il simbolo di Napoli e in Piazzetta Matilde Serao è sorto il Museo del corallo Ascione che, fra i tanti gioielli, espone un enorme quantità di corni in corallo, unico materiale utilizzato per costruire antimalocchi, e che viene lavorato da veri artigiani/artisti.

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