Campania maglia nera per l’obesità infantile: “Donne che sanno” in campo per prevenire

Campania maglia nera per l’obesità infantile: “Donne che sanno” in campo per prevenire

bilancia

L’obesità dilaga, soprattutto quella infantile e in particolare al Sud. La Campania detiene il triste primato: il 26.2% dei bambini tra gli 8 e i 9 anni è in sovrappeso e il 17.9% è obeso, per un totale complessivo del 44,1% (secondo i dati diffusi da Okkio alla Salute). La causa? Le cattive abitudini alimentari. Gli studi scientifici dimostrano come la prevenzione primaria dell’obesità e di tutte le patologie correlate a stili di vita non corretti, per essere efficace, deve avvenire sin dal concepimento. I primi mille giorni di vita del bambino sono unanimemente considerati determinanti dal punto di vista nutrizionale nel porre le basi della sua salute futura e nella riduzione dei rischi di sovrappeso e obesità. I consigli del pediatra alle neomamme in genere sono seguiti in modo scrupoloso. Il problema nasce dalle “deviazioni” successive, causate da una cattiva interpretazione delle regole da seguire, da scelte sbagliate e ritenute idonee. Deviazioni da collegare inevitabilmente nel Sud anche ai problemi di natura economica che affliggono molte famiglie. Oggi allevare al meglio un figlio, soprattutto nei primi anni di vita, ha spesso costi difficili da sostenere per molte coppie meridionali, la maggior parte monoreddito, diverse con capifamiglia che hanno perduto il lavoro, moltissime non al riparo degli ammortizzatori sociali. Dunque, non solo buoni consigli da trasmettere ai genitori, ma l’urgenza di aiutarli seriamente con adeguati strumenti di sostegno, insieme a una corretta informazione sui danni causati da diete ipercaloriche ritenute economicamente convenienti.

Come intervenire? È possibile prevenire l’obesità infantile? Con quali strumenti conciliare educazione alimentare e un corretto stile di vita? La dieta mediterranea aiuta davvero a combatte l’obesità sin dallo svezzamento? In che modo? E proprio “Sapere quali regole seguire a tavola nei primi anni di vita” sarà il tema al centro del quinto appuntamento del ciclo “Donne che sanno” che il prossimo 14 maggio vedrà riuniti a Napoli nei locali della Società di Storia Patria al Maschio Angioino (via Vittorio Emanuele III, terzo piano, sin dalle ore 16) tecnici ed esperti della nutrizione. Fra i protagonisti dell’incontro, che come i precedenti è organizzato alla Fondazione Mario e Paola Condorelli e da L’Altra Napoli, Gina Bonsangue dell’Associazione dei Cristallini; Fortunato Ciardiello presidente European Society for Medical Oncology e professore ordinario di Oncologia Università della Campania Luigi Vanvitelli; Luigi Corrivetti, vicepresidente EBRIS e direttore Dipartimento Salute Mentale ASL Salerno e Raffaella de Franchis, referente per la Dieta Mediterranea Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP). Modererà i lavori Antonio D’Avino, segretario provinciale FIMP Napoli. Quindi le domande del pubblico e le conclusioni affidate a Celeste Condorelli.

“I dati del Rapporto Okkio alla Salute – sostiene la pediatra Raffaella De Franchis – sono molto preoccupanti. Per questo non bisogna abbassare la guardia, ma è importante porre sin da subito le basi per una corretta alimentazione. Le abitudini alimentari si costruiscono sin dal periodo fetale, per cui è importante che la madre segua un regime alimentare equilibrato, e offra al bambino piccolo, sin dalla nascita, il miglior nutrimento possibile. La dieta mediterranea è un regime alimentare ricco di olio di oliva, frutta, verdura, cereali integrali, frutta secca, con un modesto consumo di pesce e pollame viene sempre più considerata il modello per la salute dell’uomo. I Pediatri di famiglia della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) di Napoli del Gruppo di lavoro “Dieta Mediterranea in Pediatria” stanno da tempo promuovendo la diffusione della Dieta Mediterranea già nelle prime epoche della vita. I dati preliminari del loro lavoro, che saranno presentati al Congresso della Società Europea di Gastroenterologia Pediatrica (ESPGHAN) a Ginevra dal 9 al 12 maggio 2018, mostrano come la percentuale di bambini svezzati con Dieta Mediterranea e che ad 1 anno hanno un’ottima aderenza a tale schema dietetico, sia pari al 73.4%. Il 23.9% ha un’aderenza intermedia e solo il 2.7% non è in linea con tale stile”.

Preoccupante l’allarme di Giulio Corrivetti: “Per la prima volta nella storia della specie umana – denuncia – l’attesa di vita dei nostri figli sarà più corta di quella di noi genitori. Il paradosso è ulteriormente accentuato dal fatto che spendiamo circa 60 miliardi di euro per ipernutrirci, altri 30 miliardi in messaggi dei mass media per convincerci a mangiare cibo ipercalorico e 45 miliardi in attività fisiche o diete speciali per perdere il peso eccessivo causato da una alimentazione sbagliata. Nel frattempo, nei paesi in via di sviluppo bambini continuano a morire di malnutrizione e basterebbero solo 40 miliardi di euro (meno di un terzo di quello che spendiamo per ipernutrirci nei paesi industrializzati) per fermare questa piaga. Senza contare il fatto che circa il 40% del cibo ipercalorico che produciamo viene buttato via come produzione eccessiva”.

Per partecipare all’evento è richiesta la registrazione tramite mail all’indirizzo [email protected].

Il progetto Donne che Sanno prevede un appuntamento al mese (il ciclo di incontri si chiude il 4 giugno), con eventi che coinvolgeranno il territorio e le collettività, per favorire adeguate scelte di benessere, e si avvale del patrocinio di: Regione Campania, Comune di Napoli, Società Napoletana Storia Patria, Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, Ipasvi, Ordine dei Medici, Federazione italiana medici pediatri di Napoli, Valore D, Federconsumatori, Lilt, con il contributo di UniCredit, Fondazione Grimaldi Onlus, Ferrarelle e Banco BPM.
Per info: www.donnechesanno.it; www.fondomarioepaolacondorelli.

 

Stabilimento di produzione e confezionamento: scatta l’obbligo in etichetta

Stabilimento di produzione e confezionamento: scatta l’obbligo in etichetta

packaging

 

 

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica che a partire dal 5 aprile 2018 scatta l’obbligo di indicare in etichetta la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento degli alimenti, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 145/2017.
Tale indicazione si aggiunge a quelle obbligatoriamente previste dal regolamento europeo (denominazione, ingredienti, presenza di allergeni, quantità, scadenza, nome del responsabile delle informazioni, paese di origine, istruzioni per l’uso, titolo alcolometrico e dichiarazione nutrizionale). Gli operatori dovranno, pertanto, indicare la località e l’indirizzo dello stabilimento (o solo la località se questa consente l’immediata identificazione dello stabilimento) di produzione o di confezionamento, se l’alimento è confezionato in uno stabilimento diverso da quello dove è stato prodotto.
L’obbligo riguarda gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano. In questo modo vengono garantite una corretta e completa informazione ai consumatori, una migliore e immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo e, di conseguenza, una più efficace tutela della salute.
“Il nostro impegno si rivolge alla tutela del consumatore – afferma il Vice Ministro Andrea Olivero – assicurando un’informazione piena che consenta di poter scegliere la qualità che si desidera. Sono certo che le nostre imprese agroalimentari sapranno cogliere appieno questa opportunità, andando incontro alle esigenze di un consumatore sempre più attento”.
In caso di mancato rispetto dell’obbligo, l’operatore che non indicherà in etichetta lo stabilimento di produzione o di confezionamento sarà sottoposto a una sanzione amministrativa pecuniaria che varia da 2.000 euro a 15.000 euro. Sono previste sanzioni dello stesso importo anche per il caso in cui l’impresa che disponga di più stabilimenti non evidenzi quello effettivo mediante punzonatura o altro segno e sanzioni da 1.000 euro a 8.000 euro se non vengono rispettate le modalità di presentazione.
La legge di delega affida la competenza per il controllo del rispetto della norma e l’applicazione delle eventuali sanzioni all’Ispettorato repressione frodi.

Alimenti aproteici: detrazione del 19% per i nefropatici della Campania

Alimenti aproteici: detrazione del 19% per i nefropatici della Campania

alimenti

 

Una buona notizia per gli oltre 348.000 pazienti nefropatici residenti in Campania: potranno infatti usufruire di una detrazione del 19% sull’acquisto di alimenti aproteici. Un’opportunità di risparmio che ad oggi è l’unica, dato che la Regione non prevede alcun tipo di rimborso sull’acquisto di questi alimenti, nonostante per chi soffre di insufficienza renale siano stati inseriti nei nuovi Livelli essenziali di assistenza. La misura è scaturita dalla revisione del testo unico delle imposte sui redditi, contenuta nel decreto fiscale collegato alla Legge di bilancio 2018, in base alla quale i pazienti che necessitano dei cosiddetti AFMS (alimenti a fini medici speciali), tra cui rientrano appunto anche gli aproteici, potranno beneficiare della detrazione fiscale del 19%, come già accade per le altre spese mediche a carico dei cittadini.

La Malattia Renale Cronica, data la sua rilevanza epidemiologica e la grave invalidità a cui può condurre, rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria. Poiché tende alla progressione, richiede spesso un trattamento sostitutivo dialitico, che porta a un peggioramento della qualità di vita dei pazienti e a un notevole onere economico per il SSN (fino a 40.000 euro l’anno a paziente). È quindi fondamentale, a patologia conclamata, intervenire attivamente per rallentarne il decorso.

A questo proposito, la terapia nutrizionale aproteica può costituire uno strumento prezioso. Le ultime evidenze scientifiche hanno infatti dimostrato come il regime alimentare aproteico sia in grado di ritardare l’insufficienza renale cronica e le sue co-morbilità, riducendo il rischio di escalation verso la fase dialitica.

La Campania è attualmente l’unica Regione italiana che non garantisce ai propri pazienti l’erogazione gratuita dei prodotti alimentari aproteici. Grazie alla nuova detrazione – per avere diritto alla quale occorrerà conservare lo «scontrino parlante» rilasciato dal farmacista, in cui risultino specificati natura, qualità e quantità dei prodotti acquistati nonché il codice fiscale del destinatario – i nefropatici campani potranno almeno contare su questo sconto del 19%.

La Malattia Renale Cronica –  Si definisce Malattia Renale Cronica (MRC) una condizione di alterata funzione renale che persiste oltre i 3 mesi. È classificata in cinque stadi di crescente gravità: dal danno renale (stadio 1) alla terapia sostitutiva dialitica o il trapianto di rene (stadio 5). Secondo il recente studio CARHES (Cardiovascular risk in Renal patients of the Health Examination Survey) condotto dalla Società Italiana di Nefrologia, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, la prevalenza della Malattia Renale in Italia è del 7,5% negli uomini e del 6,5% nelle donne, per un totale di circa 2.200.000 pazienti.

Le strade della Mozzarella 2018

Le strade della Mozzarella 2018

pizza

 

Le Strade Della Mozzarella 2018″, il congresso internazionale di cucina d’autore di scena mercoledì 23 e giovedì 24 maggio 2018 presso il Savoy Beach Hotel di Paestum, vedrà, come consuetudine, una grande carrellata di star della gastronomia italiana e mondiale e, soprattutto per gli addetti ai lavori, sarà un’enorme opportunità di confronto e dialogo su quello che è il tema della undicesima edizione: “eat well and stay well”.

Saranno oltre 50 gli chef chiamati in causa nei momenti congressuali e un centinaio quelli impegnati nelle attività collaterali: esponenti, affermati o emergenti, di spicco della gastronomia nazionale. Con loro. un parterre de rois internazionale composto da nomi di grande calibro.Tra i Paesi rappresentati, con movimenti gastronomici in ascesa e decisamente interessanti, la Turchia, la Russia e la Thailandia. Poi Usa, Germania, Svezia, Austria, Portogallo, Francia, Spagna, Slovenia. Previsto, ovviamente, uno spazio dedicato alla pizza, icona del Made in Italy: presenti i primi cinque classificati di 50 top pizza, ai quali si aggiungeranno due relatori dagli Stati Uniti.

Accanto alle due sale principali, ci saranno, come di consueto, ampi spazi dedicati ai prodotti di eccellenza della Penisola. Tra questi, all’interno del Taste Club, i cosiddetti Atelier, dove, con l’ausilio di decine di importanti figure della ristorazione, si svolgeranno focus specifici su pasta secca e pasta fresca, pomodoro, formaggi, olio, aceto, birra e caffè. In primo piano, inoltre, il mondo vegetale. Ruolo di rilievo, come sempre, spetta infine alla Mozzarella di Bufala Campana DOP, simbolo dell’agroalimentare del Sud Italia e “musa ispiratrice” della manifestazione.

“Al centro del dibattito – sottolineano Barbara Guerra e Albert Sapere, ideatori e curatori di LSDM – ci sarà il tema Eat well and stay well. I relatori dovranno quindi attualizzare gli studi sulla Dieta Mediterranea fatti nel dopoguerra, proprio in Cilento, dal fisiatra americano Ancel Keys. Come indicato nel nostro Manifesto, il cuoco moderno deve dimostrare un’elevata sensibilità alimentare e ambientale, sapendo conciliare il gusto con il benessere e la sostenibilità. Tecnica e conoscenza dunque al servizio delle esigenze del mondo attuale, anche alla luce della mediaticità e del ruolo sociale che riveste ormai la figura dello chef. Ciò ci sembra inoltre perfettamente in linea con la proclamazione, fatta dalle istituzioni, del 2018 Anno nazionale del cibo italiano”.

Gluten Free Game: il videogioco per i bimbi celiaci che educa divertendo

Gluten Free Game: il videogioco per i bimbi celiaci che educa divertendo

glutenfree

 

La celiachia colpisce l’1% della popolazione mondiale e – nel nostro Paese – il numero delle diagnosi aumenta del 10% ogni anno (nonostante si stimi che il 70% ancora sfugga). Cifre che – secondo l’Associazione Italiana Celiachia – portano a pensare che i celiaci in Italia al 2017 siano circa 220.000 (dei quali 2 su 3 sono donne). Tra questi, ovviamente, ci sono anche dei bambini (anzi, prima si riscontra la presenza della patologia e meglio è) e, se cambiare le abitudini alimentari è già traumatico per un adulto, per i giovanissimi le difficoltà aumentano. Festeggiamenti a scuola, merende con gli amici, compleanni tra compagni: i bambini celiaci dovranno imparare che non sempre possono mangiare le identiche cose dei loro coetanei. Un comportamento che, quando si è piccoli, può amplificare il senso di esclusione da un gruppo e di “diversità”, e far vivere le differenti pratiche quotidiane in campo alimentare come delle vere e proprie rinunce.

Per aiutare le famiglie nel compito di educare i proprio bimbi alla nuova condizione, l’Associazione Italiana Celiachia Regione Campania Onlus ha pensato di inventare… un videogioco! Il Gluten Free Game, scaricabile dal Play Store di Google per dispositivi Android (sia smartphone che tablet) come una qualsiasi app, facilita i bambini celiaci nell’apprendimento e riconoscimento degli alimenti privi di glutine, appunto “Gluten Free”. Lo scopo del gioco è quello di far raccogliere al proprio personaggio – una sorta di novello “Super Mario” della corretta alimentazione – i cibi consentiti per accumulare punteggio, ed evitare quelli pericolosi e quelli a rischio.

Un modo facile e divertente, che permetterà al bambino di imparare senza annoiarsi e anche di condividere il gioco con i suoi compagni, “educando” di riflesso anche loro perché le regole per “vincere” saranno quelle da applicare nelle vita di tutti i giorni per lui.

 

R.C.

“Grani Antichi”: al via in Irpinia il progetto per salvare la Risciola, giovani agricoltori in campo

“Grani Antichi”: al via in Irpinia il progetto per salvare la Risciola, giovani agricoltori in campo

spighe-risciola

 

Si chiama ‘Grani Antichi’ e ha l’obiettivo di creare una comunità di agricoltori per ri-coltivare in modo tradizionale grani antichi autoctoni, partendo dalla Risciola, in terreni biologici dell’Irpinia, attraverso una filiera integrata e sostenibile, nel rispetto della biodiversità. L’iniziativa è partita dalla famiglia di imprenditori agricoli Lo Conte, originaria di Avellino, cinque generazioni dedicate alla cura della terra, la cui mission è da sempre quella di preservare la ricchezza e la tradizione del territorio facendo, come in questo caso, rivivere grani antichi e dimenticati, ma sani e saporiti.

L’idea è semplice: piantare nuovamente grani autoctoni in terreni irpini, biologici o con metodo integrato, controllati e naturalmente fertili, grazie all’esperienza e all’attività di giovani e appassionati agricoltori, lasciando che la natura faccia poi il suo corso.

LA COMUNITÀ RISCIOLA: COME FUNZIONA – Il Gruppo Lo Conte distribuisce, gratuitamente, i semi necessari ai coltivatori iscritti alla Comunità irpina del grano Risciola, acquistandone tutta la produzione e garantendo sia una maggiorazione del 60% del prezzo di mercato che un’assistenza totale agli agricoltori che decidono di prendere parte al progetto. E’ necessario seguire un disciplinare condiviso, al fine di produrre il grano antico nel rispetto dell’agricoltura biologica e delle migliori tecniche di coltivazione per ottenere un reddito più alto delle normali coltivazioni.

Non potendo garantire quantità industriali, il grano antico non viene utilizzato dai grandi molini, per questo la macinazione viene effettuata nel molino a pietra che non ha la possibilità di raffinare la farina. Alimentato da energia, come vuole la tradizione: il chicco di grano macinato a pietra, infatti, conserva integre le sue parti, preservando tutti i valori nutrizionali. Il grano raccolto non verrà tutto macinato: ne verrà conservata una parte da donare ad altri agricoltori.

Far parte della comunità Risciola significa incentivare un tipo di produzione a km 0, dal campo direttamente al molino, garantendo la sostenibilità ambientale del progetto. «Ogni anno contiamo di poter crescere in base alla bontà dei raccolti, per le disponibilità di semi, e alla notorietà del progetto – spiega Antonio Lo Conte a capo del gruppo –  Siamo partiti da un terreno della nostra famiglia, una collina asciutta e ventilata e non troppo fredda. Le sue zolle, ricche di potassio vulcanico, lo rendono un terreno franco, che grazie alla tradizionale rotazione delle colture, preserva i sali minerali e li trasferisce alla pianta, rendendola completa a livello nutrizionale. L’esposizione al sole e l’impossibilità del ristagno di acqua favoriscono così la crescita sana del grano, che non necessita di interventi umani per il diserbo chimico – continua Lo Conte – Abbiamo sottoposto i nostri terreni a scrupolose analisi per essere certi che siano sani, ricchi e fertili come sono sempre stati. I grani antichi sono sicuramente 100% italiani e sono tracciati punto per punto in una filiera di contadini disposti a seminate questo grano pur sapendo che produrrà la metà del raccolto garantito da un grano moderno. Da questa filiera ne derivano prodotti che esprimono al meglio il valore aggiunto di questi grani, sia per la qualità della materia prima che per l’estrema cura di tutto il processo produttivo».

LA RISCIOLA, LA RISCOPERTA DEL GRANO AUTOCTONO IRPINO – La Risciola è un grano tenero che sin dal 1500 offre le produzioni migliori in alta collina, dove la ventilazione è sempre presente e in modo particolare in Basilicata, Molise e Campania, dove dal 1890 è uno dei prodotti agroalimentari tradizionali. E’ un grano prezioso, ricco di antiossidanti, minerali e vitamine che assicurano un gusto deciso e autentico, e caratterizzato da un ridotto contenuto di glutine e meno del 2% di lipidi. I semi di Risciola non sono stati incrociati né modificati negli anni, mantenendo così intatte tutte le proprietà nutrizionali. La farina di Risciola è, per esempio, eccellente per produrre pane artigianale tradizionale, ottenuto con metodi di panificazione naturale.

«Tutelare il territorio, tutelarne la salubrità, tutelare i nostri giovani restituendo loro il valore e la passione per un mestiere antico e nobile e la soddisfazione di veder germogliare semi scomparsi da tempo: c’è tutto questo dentro i piccoli semi che abbiamo piantato – commenta ancora Lo Conte – Noi sappiamo bene che l’agricoltura è un ciclo che deve tornare a essere sostenibile e integrato, per questo abbiamo scelto di sposare la filosofia del biologico, non solo a livello ambientale: vogliamo che la coltivazione di grani antichi sia un modo per promuovere i valori di rispetto, tradizione e solidarietà, soprattutto riscoprendo sapori antichi. Per questo siamo partiti dagli agricoltori che seminano il grano attentamente controllato in laboratorio, chicco dopo chicco, per preservare la sua biodiversità. Abbiamo coinvolto agricoltori giovani e meno giovani, per promuovere un dialogo tra metodi antichi e innovazione e per offrire un’opportunità in più di lavoro».

La pizza a lenta lievitazione non aumenta la glicemia: la ricerca a Napoli

La pizza a lenta lievitazione non aumenta la glicemia: la ricerca a Napoli

pizza

Parte della letteratura medica internazionale ha accusato la pizza napoletana di essere “junk food”, ovvero “cibo spazzatura”, perché considerata capace di rendere ingestibile la glicemia per i pazienti affetti da diabete, a causa degli zuccheri contenuti nell’impasto. Un vero e proprio veleno soprattutto per i diabetici di tipo 1 (il cosiddetto diabete “giovanile”).
Ma Napoli non ci sta a veder considerato il suo patrimonio Unesco al pari dei peggiori fritti da fast food statunitense e, così, una pizzeria partenopea si è trasformata in un laboratorio di ricerca universitaria, dove trenta bimbi affetti da diabete a fare da volontari assaggiatori, medici, ricercatori, camerieri ed “infornatori” si sono uniti per difendere la pietanza più famosa del mondo lì dov’è nata.

Ad organizzare l’originale test è stato il Centro regionale di Diabetologia Pediatrica “G. Stoppoloni” della Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Ateneo campano “Luigi Vanvitelli”, diretta dal professor Maurizio Di Mauro. Al folto staff medico, guidato dal dottor Dario Iafusco, si è affiancato il professor Ohad Cohen dell’Universtità di Tel Aviv, uno dei più grandi esperti di tecnologie applicate al diabete che ha seguito e controllato le varie fasi dell’esperimento. I maestri piazzaioli, per qualche giorno al soldo della scienza, hanno preparato le pizze per due gruppi di bambini (ad uno pizze con lievitazione lenta, all’altro quella veloce) stando attenti ad utilizzare, al grammo, la stessa quantità di ingredienti per ogni Margherita.

«Abbiamo controllato i livelli di glicemia per l’intera notte successiva – ha spiegato Iafusco – e abbiamo verificato che i bambini che hanno mangiato la pizza a lenta lievitazione hanno avuto un andamento glicemico stabile mentre per chi ha mangiato pizza con lievitazione veloce si è registrata una variabilità glicemica molta elevata». I dati emersi dal test hanno reso felici i medici che hanno avuto la conferma sul campo della loro teoria ma i più contenti di tutti, come appare ovvio, sono stati sicuramente i bambini.

Campania maglia nera per l’obesità infantile: “Donne che sanno” in campo per prevenire

Obesità infantile e rischio malattie croniche: il CNR partner del progetto I.Family

bilancia

 

Uno studio condotto sulle urine di duemila bambini irpini ha rilevato le differenze sulla presenza di alcune sostanze: il lavoro è stato coordinato dalla ricercatrice dell’ISA-CNR di Avellino, dr.ssa Rosaria Cozzolino.

Dr.ssa Cozzolino cosa è il progetto I.Family? Come vi ha partecipato il Cnr? Qual è stato il suo compito?
Il progetto I.Family, finanziato dalla CE, ha coinvolto 15 gruppi di ricerca appartenenti a 11 paesi europei. L’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR di Avellino (ISA-CNR) è stato partner del progetto per quanto riguarda l’Italia. Il principale obiettivo del progetto I.Family è stato quello di usare un approccio olistico considerando i fattori biologici, comportamentali, sociali e ambientali che sono alla base di scelte alimentari e stili di vita salutari durante la fase pre-adolescenziale, transizione tra l’infanzia e l’età adulta.

La coorte italiana, a quale tipo di bambini fa riferimento? Quanti sono stati oggetto di studio? Dove? Che caratteristiche hanno?
La coorte italiana del progetto I.Family ha compreso circa 2.000 bambini irpini in età scolare e i loro genitori. Le scuole partecipanti allo studio erano situate in 8 comuni della provincia di Avellino.

Cosa sono i VOCS?
Nello studio dal titolo “Urinary volatile organic compounds in overweight compared to normalweight children: results from the Italian I.Family cohort”, pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, sono stati studiati i composti organici volatili (VOCs) estratti da urine. Tali composti sono un insieme molto eterogeneo di sostanze chimiche (aldeidi, chetoni, terpeni, acidi carbossilici, terpeni, alcoli, etc) che ha in comune una bassa temperatura di ebollizione.

Cosa si intende per biomarcatori metabolici?
Un biomarcatore metabolico è una molecola utilizzata quale indicatore di una specifica condizione biologica (fisiologica o patologica) in svariati ambiti interdisciplinari, nei quali può assumere anche un significato leggermente differente.

Qual è la portata dello studio condotto? A cosa serviranno i dati raccolti? Quali scenari apre?
Lo studio da me coordinato mostra che il profilo dei VOCs delle urine dei bambini obesi/sovrappeso differisce da quello dei bambini normopeso per una diversa concentrazione di alcune sostanze volatili. Tale differenza può essere spiegata con una ormai ben nota disbiosi (alterazione della microflora, prevalentemente batterica, che alberga nell’intestino umano) a carico dei soggetti obesi/sovrappeso che, rispetto ai bambini normopeso, ospitano a livello intestinale alcune specie batteriche in quantità maggiore o minore. Inoltre, l’alterazione della concentrazione di alcuni VOCs è in accordo con ciò che si riscontra in studi condotti sull’analisi di sostanze volatili in bambini affetti da alterata funzione epatica, indicando che i VOCs possono essere anche considerati potenziali biomarcatori di disordini epatici e metabolici.

È ben noto che l’obesità durante l’infanzia può essere associata ad un aumentato rischio di sviluppare malattie croniche nell’età adulta, quali il diabete di tipo 2, l’ipertensione, le malattie cardiovascolari ed alcuni tipi di tumore. Ad oggi, però, i meccanismi metabolici riguardanti la probabilità che un bambino sovrappeso ha di sviluppare tali patologie sono del tutto sconosciuti. I risultati di questo studio pilota (sono stati coinvolti circa 50 bambini) devono essere confermati aumentando il numero dei soggetti e coinvolgendo altre popolazioni. In ogni caso, visto che i modelli statistici ottenuti sono molto robusti è possibile che un giorno non molto lontano analizzando semplicemente le urine di un bambino obeso/sovrappeso si possa stabilire l’entità del rischio che ha da adulto di incorrere nelle succitate gravi malattie connesse con l’obesità.

 

di Marina D’Apice

Alimenti aproteici: detrazione del 19% per i nefropatici della Campania

Progetto Nutriketo: il primo corso in Italia

alimenti

 

Diete e terapie nutrizionali chetogeniche: integratori e nutraceutici” è il tema della II seconda edizione del Corso di Aggiornamento e Perfezionamento Professionale, denominato Nutriketo, promosso dal Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Salerno in partnership con l’A. O. “San Giuseppe Moscati” di Avellino.
Il corso alla prima edizione ha fatto registrare circa 100 partecipanti, per il nuovo anno accademico le previsioni superano le 200 domande di richiesta di partecipazione.

La dieta chetogenetica è una dieta ipoglucidica (o low-carb) che si basa sulla riduzione drastica dei carboidrati. Lo scopo è sfruttare il metabolismo lipidico al fine di incrementare il rilascio degli acidi grassi liberi (FFA) dalle cellule adipose, i quali verranno poi bruciati nel fegato portando alla formazione di corpi chetonici Ae all’instaurarsi della chetosi. I chetoni sono principalmente tre: Acetoacetato (AcAc), Betaidrossibutirato (BHB) e Acetone.

“Abbiamo vinto una battaglia portando la valenza della dieta chetogenica all’attenzione del mondo scientifico anche in Italia, superando le banalizzazioni e dimostrandone gli effetti sul metabolismo nel contrasto a numerose patologie”. Parla il Prof. Giuseppe Castaldo, già direttore dell’Unità Operativa di Dietologia e Nutrizione Clinica dell’AORN Moscati, oggi responsabile scientifico Unisa-AORN Moscati e co-direttore del Corso insieme al Professore Luca Rastrelli Docente dell’Unisa. “Approfondire tematiche riguardanti le diete e la dietetica in generale, le terapie nutrizionali chetogeniche, e la conoscenza e l’utilizzo di integratori e nutraceutici in numerose patologie” dice Rastrelli, titolare della Cattedra di Chimica ed Alimenti Integratori e Dietetici dell’ateneo salernitano.

Il Corso annuale di Perfezionamento Universitario, il cui avvio è previsto il 23 marzo presso il Grand Hotel Salerno, è finalizzato alla formazione di figure professionali altamente specializzate quali “Esperti in Nutrizione Chetogenica, Integratori, prodotti dietetici e Nutraceutica” in grado di affrontare e gestire le varie problematiche multidisciplinari connesse alle diete chetogeniche, applicate sempre più frequentemente in patologie metaboliche, infiammatorie e cronico-degenerative connesse alla nutrizione, di operare negli ambiti degli ambulatori specialistici, delle industrie degli integratori alimentari e nutraceutici, nell’ambito dell’informazione scientifica, nei laboratori di ricerca.

La partnership con l’AORN Moscati di Avellino ha inoltre portato alla stipula di un accordo di collaborazione scientifica con il Dipartimento di Farmacia dell’Unisa per l’istituzione di un Laboratorio di Ricerca Nutrizionale “Nutriketo Lab” dove saranno sviluppate le attività pratiche del Corso Nutriketo a attività di ricerca, sviluppo e trasferimento tecnologico nei campi dell’alimentazione, dietetica e salute, delle proprietà funzionali di alimenti ed integratori alimentari.
Direttore del Laboratorio, operativo già da marzo presso il nosocomio avellinese, è il Direttore Sanitario dall’AORN Moscati dr.ssa Maria Concetta Conte, supportata dal Comitato Tecnico Scientifico costituito dalla prof.ssa Rita Patrizia Aquino (DIFARMA), e dai Direttori e Vice-Direttore del Corso Universitario NUTRIKETO, prof. Luca Rastrelli (DIFARMA) e prof. Giuseppe Castaldo (AORN Moscati) a cui è affidata la Responsabilità Scientifica. Le attività del laboratorio dovranno portare alla realizzazione di prodotti altamente innovativi attraverso lo studio su pazienti con precise caratteristiche.

GiuseppeCastaldo

Prof. Giuseppe Castaldo

LucaRastrelli

Prof. Luca Rastrelli

 

Mangiare è un atto politico

Mangiare è un atto politico

È errato ritenere che il benessere psicofisico (la nostra salute) sia assicurato da alimentazione sana e cibo genuino, senza tener conto dell’età, dello stile di vita, dell’ambiente, della predisposizione genetica e tanti altri fattori.

Il cibo infatti condiziona la nostra salute, oltre che come nutrimento, anche per le conseguenze della massiva produzione industriale, del trasporto, della distribuzione e conservazione. È accertato che gli allevamenti intensivi sono fonte d’inquinamento dell’atmosfera e dell’acqua, i mangimi contengono sostanze dannose, l’utilizzo di antibiotici indebolisce le nostre difese immunitarie, i conservanti e gli additivi, indispensabili nell’industria alimentare, causano intolleranze. Inoltre, il trasporto degli alimenti per il consumo a grande distanza genera inquinamento ambientale e gli imballaggi, insieme agli sprechi cui c’induce il consumismo, aggravano la problematica dei rifiuti.

Un vero e duraturo miglioramento della salute umana si otterrà solo con interventi radicali su ambiente, sfruttamento delle risorse naturali, benessere animale, biodiversità, razionalizzazione dei consumi, possibili se sarà presa coscienza, da parte di tutti, che la nostra salute dipende da quella dell’ecosistema in cui viviamo e da come ci comportiamo.

In questa direzione, è fondamentale il ruolo dell’informazione e del volontariato. Sono numerosi gli enti, le istituzioni e le associazioni che operano su scala locale, nazionale e mondiale per difendere i consumatori e formare imprenditori, giovani, amministratori a tenere nella debita considerazione la qualità del cibo e l’idoneità dei metodi di produzione e distribuzione. Anche il papato di Francesco sta riservando particolare attenzione ai temi dell’alimentazione, della salute e dell’ambiente, fornendo un contributo prezioso.

Nel settore del volontariato si distingue Slow Food, un’associazione internazionale nata in Italia più di trent’anni fa, impegnata a dare il giusto valore al cibo e restituirgli le funzioni di procurare piacere e migliorare le condizioni di vita, nel rispetto di chi produce in armonia con ambiente ed ecosistemi, grazie ai saperi custoditi nei territori e nelle tradizioni. La sua importanza risiede nell’approccio olistico e nella visione globale con cui svolge la propria attività. Ogni giorno Slow Food lavora con una fitta rete di soci e sostenitori, operando affinché il cibo non sia solo merce e fonte di profitto e promuovendo il diritto al piacere attraverso l’incontro, il dialogo e la gioia di stare insieme.

Fra le associazioni che s’interessano di salute, sicurezza alimentare e salvaguardia dell’ambiente, Slow Food è l’unica che comprende sia consumatori che imprenditori. Tra i soci avviene un continuo scambio di dati attendibili e verificati, attraverso esperienze presso produttori e ristoratori, degustazioni ed eventi conviviali, corsi teorico/pratici su cibi, cucina, spesa, sicurezza alimentare. In tal modo i consumatori affinano esperienza e capacità di giudizio in maniera obiettiva, documentata, pratica e diretta e gli imprenditori trovano mercato per i loro prodotti di qualità.

Mangiare è molto più che alimentarsi e dietro il cibo ci sono produttori, territori, emozioni, piacere, salute ed economia; si può definire un atto politico, perché influisce in maniera determinante sulla salute, la ricchezza e la felicità dei popoli.

Lucio Napodano – Consigliere Nazionale Slow Food

Il cibo speciale per i malati ora è detraibile

Il cibo speciale per i malati ora è detraibile

Gli alimenti destinati alla nutrizione dei malati sono equiparabili a dei farmaci non solo per le conseguenze che hanno sulla salute, ma anche per il Fisco che dal 2018 prevede che la spesa per l’acquisto possa essere detratta. Si potrà recuperare il 19%  a fronte di una spesa annua uguale o superiore a 129,11 euro.
È il regolamento europeo 609 del 2013 a definire a definire gli alimenti a fini medici speciali: “prodotti alimentari espressamente elaborati e destinati alla gestione dietetica di pazienti, compresi lattanti” e accompagnati dalla prescrizione del medico.
L’elenco, consultabile sul sito del Ministero della Salute, comprende soluzioni a base di glucosio e sali minerali, versioni alternative di paste e prodotti da forno, alimenti privi di proteine, creme per chi ha problemi di deglutizione
. Dell’elenco non fanno parte alcuni integratori alimentari, cosmetici, prodotti per lattanti o  fitoterapici, le pomate e i colliri benchè prescritti dal medico. Destinatari degli alimenti a fini medici speciali sono soprattutto i malati oncologici sottoposti a specifica terapia nutrizionale a causa di chemio e radio, poi gli anziani che devono fronteggiare la perdita di massa muscolare e ancora pazienti affetti da: insufficienza renale, diabete, morbo di Crohn, anoressia nervosa.

La buona notizia è che la detrazione fiscale del 19% è retroattiva: nella dichiarazione da presentare valevole per il 2017 a chi non è più in possesso dello scontrino parlante basterà allegare la prescrizione del proprio medico.

Calvizie: la mela annurca si compra in farmacia

Calvizie: la mela annurca si compra in farmacia

Il nuovo nutraceutico che combatte la calvizie è un integratore a base di Melannurca

AppleMets Hair è entrato in commercio dopo mesi di sperimentazione, condotta da un team di ricercatori del Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II di Napoli, diretti dal Professore Ettore Novellino, da tempo impegnati nell’analisi dei polifenoli ed altre sostanze benefiche presenti nel frutto.
La Melannurca Campana è un prodotto a identità geografica protetta (IGP) tipico della Regione, dove la coltivazione è iniziata secoli fa, tanto è vero che già negli affreschi dell’antica Pompei appare raffigurata questo tipo di mela.
Attualmente essa è ampiamente coltivata nell’area del maddalonese, beneventano ed alto casertano.
I dati emersi dagli studi dei ricercatori dell’ateneo napoletano hanno evidenziato che l’Annurca contiene sostanze in grado di contrastare la caduta dei capelli, sia negli uomini che nelle donne.
Da qui, la messa a punto, dopo ulteriori ricerche e approfondimenti, del prodotto nutraceutico AppleMets Hair, presentato come “integratore alimentare tricologico a base di mela annurca campana IGP (Malus pumila Miller cultivar Annurca) ricco in Procianidine B2 , con l’aggiunta di selenio, zinco e biotina”.
Contrastare l’alopecia androgenetica non è però l’unica proprietà virtuosa della Melannurca: altri esperimenti effettuati dagli stessi ricercatori partenopei hanno infatti evidenziato che
i preparati a base di estratto di mela riescono a ridurre quasi del 30% i livelli di colesterolo totale, aumentando contestualmente la quantità di colesterolo buono (HDL) del 45%, proprietà questa che non hanno le statine, farmaci di elezione per questo tipo di terapia.
Alla base di tante proprietà salutari uno specifico gruppo di polifenoli, le cosiddette Procianidine, le cui concentrazioni nella Melannurca Campana IGP sono molto superiori a quelle di qualunque tipo di mela, grazie anche (probabilmente) al suo particolare processo di maturazione, che passa per una peculiare fase di “arrossamento”, ovvero un passaggio intermedio a terra in apposite strutture chiamate melai, filari di graticci di paglia ricavata dalla trebbiatura ,dove le annurche sono esposte a maturare al sole dai 10 ai 15 giorni.
D’altra parte bisogna dire che le proprietà benefiche del frutto erano già ben note a livello popolare, almeno fino a qualche decennio fa.
Infatti fino agli anni 70’/80’ era ancora in auge l’abitudine di dare ai neonati e ai bambini la “grattata di mela annurca”, ossia la polpa grattugiata e ricca di succo del frutto arricchito da una piccola aggiunta di zucchero (l’annurca è già discretamente dolce): una sorta di salutare integratore alimentare d’antan, dalle spiccate qualità nutrienti, che oggi, dopo le conferme arrivate dalla ricerca, hanno permesso di chiarire il motivo di tutto ciò, fino a far diventare la Melannurca un “nutraceutico” a tutti gli effetti.

a cura di: Professore Ettore Novellino
Direttore del Dipartimento di Farmacia
Università degli Studi di Napoli Federico II

Per informazioni
[email protected]

 

Diabete, in Campania la tecnologia monitoraggio senza pungere le dita

Diabete, in Campania la tecnologia monitoraggio senza pungere le dita

diabete puntura

Dopo la recente delibera della Regione, sarà a breve disponibile FreeStyle Libre di Abbott per i pazienti affetti da diabete Tipo 1 e i pazienti con diabete che eseguono almeno quattro controlli della glicemia al giorno.
Il sistema di monitoraggio può fornire un quadro completo del profilo glicemico senza la necessità di pungere il dito.
Anche in Campania quindi, tra le prime regioni italiane ad avvalersi dell’innovativo sistema di monitoraggio, niente più punture alle dita per misurare la glicemia.
In Campania sono circa 400 mila le persone con diabete, con una prevalenza leggermente superiore alla media nazionale.
Una sfida difficile perchè la malattia è estremamente diffusa e la sua prevalenza è in costante aumento. L’ausilio di sistemi per la misurazione della glicemia meno invasivi e più pratici, come FreeStyle Libre sono un aiuto concreto per gestire meglio il diabete sia per il paziente che per il medico.
Per una persona che ha il diabete e ogni giorno deve fare iniezioni di insulina e misurare la glicemia, la vita può essere complicata.

L’introduzione di questo innovativo sistema di monitoraggio della glicemia per un’ampia fascia di persone con diabete rappresenta un’ulteriore conferma dell’attenzione che la Regione dimostra nei confronti della malattia diabetica.
Con FreeStyle Libre la lettura del livello di glucosio viene effettuata grazie un piccolo sensore circolare che si applica sulla parte posteriore del braccio e che misura il glucosio nei fluidi interstiziali. Il sensore elimina la necessità delle periodiche punture sul dito, è sufficiente far passare sul sensore un apposito lettore o anche il proprio smartphone per ricavare in meno di un secondo un valore di glucosio in modo indolore.

L’apparecchio, inoltre, consente la misurazione anche attraverso il proprio smartphone e con l’utilizzo di un’applicazione i dati possono essere inviati anche a terze persone.

Un utilizzo innovativo se si pensa alla possibilità, ad esempio, che un bambino possa fare l’autocontrollo e contestualmente inviare i dati ai propri genitori oppure una badante possa farlo per una persona anziana ed automaticamente trasmette il risultato ai parenti della persona accudita.

Il Carmasciano

Il Carmasciano

L’Irpinia, situata nell’entroterra della Regione Campania, è caratterizzata da un territorio straordinario, secolari tradizioni agroalimentari e bellezze naturalistiche unite ad un ricco patrimonio storico artistico.
In un’area non molto estesa dell’Alta Irpinia, nei comuni di Guardia Lombardi, Rocca San Felice, Sant’Angelo dei Lombardi, Frigento, Villamaina e Morra De Sanctis viene prodotto un pecorino unico e caratteristico della zona: il Carmasciano.
Caratteristico del territorio è il fenomeno della Mefite, appartenente, secondo alcuni studiosi, alla categoria del vulcanesimo minore, con emissione di gas che, trasportati dai venti, depositano a terra fiori di zolfo che sublima. La presenza dello zolfo, che di necessità finisce con l’entrare nel ciclo alimentare e metabolico degli animali che vivono in quell’area, contribuisce, molto probabilmente, a determinare la specificità del Carmasciano.
La presenza dello zolfo della Mefite conferisce, infatti, al formaggio una nota di fragranza che lo rende impareggiabile.
La particolarità dei luoghi, la qualità dei foraggi in dipendenza di elementi chimici provenienti dal suolo, la razza degli ovini allevati, rendono quasi inconfondibile la produzione di questo formaggio conosciuto ormai anche oltre i confini regionali poiché i prodotti alimentari tradizionali, rimasti nel ricordo e nella cultura di una ristretta cerchia di produttori, vengono ricercati non più da pochi appassionati fedeli ma da sempre più numerosi consumatori.
In questa terra dove le pecore sono allevate sin da tempi remoti la tradizione casearia è stata tramandata di generazione in generazione cercando di preservare l’originalità, la genuinità e le caratteristiche.

La flora ricca di essenze (erbe aromatiche quale la menta, il timo serpillo, l’origano, il finocchio selvatico e soprattutto il trifoglio nelle sue diverse varietà) e la ridotta consistenza degli allevamenti consentono un’alimentazione quasi esclusivamente basata su pascoli naturali che, sicuramente, con la loro variabilità floristica influenzano l’aroma del latte.
Il Carmasciano, la cui qualità viene esaltata sia dalla tecnica di lavorazione sia dall’utilizzo di latte crudo, è un pecorino a pasta dura, semicotta che presenta colore giallo paglierino quando è meno stagionato e giallo dorato quando è più invecchiato.
La totalità della produzione casearia avviene in caseifici aziendali e il periodo di produzione generalmente va dall’inizio dell’inverno fino all’inizio della stagione estiva, periodo in cui le greggi dispongono di pascoli in grado di coprire i fabbisogni alimentari degli animali.
Il Carmasciano è un ottimo formaggio da tavola.
Va abbinato con vini molto ben equilibrati, sia bianchi che rossi, che debbono esaltarlo e non sopraffarlo.
Si accosta molto bene con gelatine di vino e frutta fresca, in particolare con la mela annurca.

a cura di
dr.ssa Michelina Prudente – Medico chirurgo spec. in igiene – dir. servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione Asl – Av
dr.ssa Carmelina Forgione – Tecnico della prevenzione.

Pin It on Pinterest